L'accusa per il capogruppo al Senato di Forza Italia è di peculato. Chiamando al suo telefonino, che aveva ricevuto in comodato per l'incarico di assessore all'Expo, rispondeva la figlia
Il capogruppo al Senato di Forza Italia, Paolo Romani, è stato condannato a un anno e quattro mesi per lo scandalo delle maxi bollette telefoniche. L’accusa, pronunciata dal gup Alfredo De Lillo, è di peculato. L’ex ministro allo Sviluppo economico dell’ultimo governo Berlusconi è finito sotto accusa per un uso troppo “disinvolto” del telefonino che il Comune di Monza gli aveva dato in comodato, per il suo incarico di assessore all’Expo, tra il 2011 e i primi mesi del 2012.
In questo periodo, secondo l’accusa, l’ex ministro aveva accumulato oltre 3mila euro di bolletta. Componendo il numero di Romani rispondeva la figlia, che gentilmente indicava all’interlocutore il numero dove trovare il padre. Il politrico ha anche risarcito i costi delle bollette al Comune di Monza, ma il giudice dell’udienza preliminare non ha riqualificato il reato nell’ipotesi più lieve di peculato d’uso, come chiesto dall’avvocato difensore. “La sentenza è figlia di un’epoca di caccia alle streghe“, ha commentato il legale, Raffaele della Valle, annunciando che “faremo senz’altro appello”.