‘Le banche incassano 4,6 miliardi. Gli italiani si vendono 300 tonnellate di oro per 14 miliardi di preziosi usati’ – titola il Fatto di oggi – Poi il calo perché non hanno più nulla da vendere.
Un mese fa circa in treno, stavo leggendo il post di Fabio Balocco sull’insicurezza dei conti on line dai quali possono sparire i soldi del correntista, mentre l’altro passeggero stava leggendo il Financial Times. Attacco discorso citando un pezzo dello stesso giornale, titolato Too big to jail, le banche sono troppo grandi per finire in galera. E così il mio unico compagno di viaggio, qualificandosi come operatore finanziario – munito com’è di un fascio di giornali finanziari, nonché dal tablet acceso e dallo smart da cui fuoriescono continui segnali di messaggi in entrata – comincia a parlare.
“Mi sono proprio rotto i coglioni d’esser costretto a fare un lavoro che non mi compete – comincia così questa registrazione sul Freccia Rossa Milano-Roma – mentre eticamente dovrei stare dalla parte del cliente, che si trova ad operare in un sistema talmente pervasivo che se usato male può ledere la libertà individuale, con conseguenze disastrose”.
“Oggi l’operatore finanziario fa parte integrante della macchina informativa, perché grazie a una serie di leggi sull’antiriciclaggio e sulla fiscalità, oltre a costringerci a seguire corsi su questi due specifici argomenti, ci viene richiesto un controllo sull’attività dei clienti, dei quali siamo tenuti a fornire informazioni, sull’attendibilità della quali siamo perseguibili penalmente, specialmente nel caso si comunichi al cliente che su di lui è in corso una segnalazione presso l’Ufficio Finanziario Italiano (UFI)”.
“Il sistema italiano di controllo fiscale è potente e l’Europa ce lo invidia perché è sofisticato, loro non sono abituati alle mafie e al genere di truffe che ci sono da noi, quindi deteniamo una macchina burocratica potente che bisognerebbe cercare di controbilanciare, perché se data in mano a qualcuno sprovvisto di attitudini democratiche, potrebbe trasformarsi in un moloch capace di arrecare danni disastrosi”.
“Se le banche on line rubano? I soldi dai conti correnti sono sempre spariti anche dalle banche tradizionali e quindi continueranno a sparire, magari con maggior difficoltà, anche dalle banche on line. Poi ci sono le disattenzioni dei clienti sugli interessi applicati agli interessi, i cosiddetti interessi anatocistici (leggi composti), ma a differenza di quel che avviene in Usa, la legislazione europea prevede il rimborso del maltolto. Ma ciononostante su questo versante le banche hanno guadagnato cifre spaventose”.
“Le banche giocano sul fatto che un cliente in difficoltà è improbabile che faccia causa alla sua banca. Quando un cliente viene da me a dirmi che gli hanno applicato interessi sugli interessi, io vado direttamente dal responsabile e, guardandolo bene in faccia, gli dico: ‘E adesso che facciamo?’. Lui magari mi risponderà che date le difficoltà quel cliente non se la sentirà di piantarci una grana. E io potrei ribattere che il cliente potrebbe far uscire un pezzo sul giornale, un genere di pubblicità di cui le banche hanno il terrore. ‘Sapevate che il tal cliente è un giornalista?’ – mi è capitato di dire e ribadire. In casi come questo alla banca non rimane che comportarsi di conseguenza, una cosa ben triste questa, ma con un paio di telefonate tutto si sistema”.
“Un sistema questo che contagia come sono contagiato io. La cosa più difficile nel mio mestiere è rimanere retti, cercando di mantenere il giusto equilibrio tra la banca e il cliente, cioè di stare dalla parte del cliente senza tradire la banca, ricordandosi che il cliente è il contraente debole. Un lavoro di fino sul filo di una macchina complessissima come quella bancaria, nei confronti della quale la stampa specializzata, a parte le apparenze, non fa abbastanza”.
“Perché se le banche si comportano come si stanno comportando è anche grazie alla stampa specializzata che ben di rado pone le domande giuste. Situazione aggravata dai politici, gli unici a non subire alcun controllo”.
“Concludiamo con i politici” – propongo mentre il procuratore raccoglie le sue cose preparandosi a scendere.
“Come mai i conti correnti dei politici non sono pubblici e trasparenti almeno agli organi di vigilanza? – si domanda e risponde – Sicuramente i rimborsi e le ruberie e quant’altro verrebbero fuori. E non solo quelle dei politici ma anche dei loro familiari diretti”.
Scendo a salutarlo sul marciapiede. “Dopo averle raccontato tutto questo mi sento meglio – mi dice ancora il procuratore prima di sparire tra la folla – e a questo punto potremo concludere con un bell’affanculo d’obbligo. Ok?”.
“Ok!” – confermo cliccando sullo stop del registratore.