Lo scorso 26 gennaio il re incontrastato della scena era lui. Alla stazione marittima di Napoli, in una sala convegni strapiena, il suo ritorno alla politica dopo le vicende giudiziarie era stato salutato da centinaia di supporters in festa. Baci, strette di mano, intervento dal palco e poi conferenza stampa per rispondere alle domande dei giornalisti. Oggi, invece, nella sala molto più piccola ma altrettanto gremita del lussuoso Hotel Romeo, Nicola Cosentino ha scelto di restare quasi in disparte. Entrato di corsa nell’albergo per assistere alla presentazione del simbolo di Forza Campania, il nuovo gruppo regionale di sette consiglieri in rotta con il presidente Caldoro e rigorosamente cosentiniani, l’ex sottosegretario all’Economia ha deciso di lasciare la scena agli onorevoli a lui fedeli.
“Sono venuto solo per sentire”, si lascia scappare entrando nella sala prima di commentare il nuovo simbolo che compare sugli schermi a led: “A me piace, non vedo somiglianze col simbolo di Forza Italia”. Se non fosse seduto in prima fila, quella riservata ai giornalisti, quasi non ci si accorgerebbe che c’è. Anche perché dei sei consiglieri presenti (Luciana Scalzi, segretaria di Denis Verdini e consigliera regionale campana non c’è) lo nominano solo Ianniciello e la Ruggiero, che gli riconoscono un ruolo guida nella formazione del nuovo gruppo. Fino ai loro (ultimi) interventi, si era solo parlato di politica regionale e del dissenso dei sette nei confronti della scelte dell’amministrazione Caldoro, dalla quale di fatto dicono di sentirsi del tutto esclusi. “Ma restiamo comunque in Forza Italia, dove vogliamo portare la meritocrazia e il dialogo che ci sono stati negati”.
Nessun riferimento diretto alla Pascale, che nelle scorse settimane aveva parlato di un Cosentino imbarazzante per il partito in Campania, né a Domenico De Siano, il nuovo coordinatore regionale scelto, pare, proprio dalla nuova compagna di Berlusconi e del tutto sgradito alla base cosentiniana del partito. Sembrano quasi argomento tabù, e si capisce pure perché. Appena si chiede ai consiglieri di parlare di loro sbottano: “A noi non frega niente della Pascale, e neppure di De Siano”, urla Pasquale Giacobbe, “noi vogliamo nei territori la politica con la p maiuscola. E Nicola Cosentino ci darà una mano su questo!”. E dei giudizi della Pascale su Cosentino? “Non ci interessa neppure dei giudizi degli altri, quello è un argomento sicuramente trattato frettolosamente o male da qualche giornalista”. Insomma, la pista da battere è quella dei dissidi con l’amministrazione Caldoro, a prescindere da Cosentino.
Eppure, qualche giorno fa, il senatore Vincenzo D’Anna – uno dei cinque cosentiniani di Palazzo Madama – aveva dato tutt’altra interpretazione dei fatti: “La candidatura di Nicola Cosentino alle prossime elezioni europee sarebbe stata l’occasione per recuperare la ferita che ha portato alla nascita di Forza Campania. Nicola avrebbe sfondato il muro delle 150mila preferenze”. E quando lo si fa notare a Cosentino, lui finalmente interviene dalla platea: “Ma chi ha mai detto che voglio candidarmi alle europee?”. Non l’ha sentito D’Anna? “Ma la conferenza stampa la sta facendo con me o con loro?”. E’ di nuovo Giacobbe, allora, a prendere la parola: “Cosentino ha già chiarito in tante interviste che lui non è candidato alle elezioni europee, l’ha detto non una volta, ma cento volte, e vuole serenamente approfondire e andare avanti nel processo con grande serenità, però nessuno gli può impedire di fare politica”.
E i centocinquantamila voti di cui parlava D’Anna a chi andranno alle europee? “Andranno a Forza Italia o rimarranno bagaglio di questo gruppo di consiglieri regionali i quali andranno fino in fondo se non ci sarà la condivisione in politica”. Come dire: se i nomi in lista non li si sceglie insieme, Forza Italia quei voti può pure scordarseli. Stesso discorso per le prossime amministrative: “Nel caso in cui nei comuni al voto non ci sia un nome condiviso, ci saranno lista e candidati autonomi con la sigla Forza Campania”. Insomma, se di strappo con Forza Italia non si può (ancora) parlare, di ultimatum sì.