Come stabiliscono le regole interne, ogni esponente democratico uscito vincitore dalle urne deve versare un contributo nella casse del Nazareno e delle sezioni locali. Ma non tutti lo fanno: tra loro nomi importanti come Roberto Zaccaria e Tiziano Treu
“Qualche parlamentare non ha pagato. Abbiamo fatto dei piani di rientro in occasione delle elezioni del 2013. Chiami il mio successore”. E’ l’invito dell’ex tesoriere del Pd Antonio Misiani. E il successore Francesco Bonifazi, fedelissimo di Renzi, taglia corto: “Un sacco pagano meno, pagano male. Sentiamoci più tardi, ora sono impegnato”. Ma tra altri impegni, una “febbre alta” e diversi squilli a vuoto non riusciamo più ad avere spiegazioni. Del resto i contributi che gli eletti del Pd dovrebbero versare al partito come da statuto sono un tema delicato. Imbarazzante. Nel bilancio nazionale del 2012 mancano quasi 600mila euro, sui 5,4 milioni previsti. Tra chi ha pagato in ritardo c’è anche l’attuale sindaco di Roma ed ex senatore Ignazio Marino.
La fonte di finanziamento, che deriva dai soldi pubblici incassati dai parlamentari, è importante. Ma nei quattro anni dal 2009 al 2012 le ‘morosità’ superano gli 1,6 milioni. E nelle sezioni locali le cose non vanno meglio. Qui alle inadempienze di deputati e senatori si aggiungono quelle degli amministratori locali. A Milano, per esempio, nelle casse del Pd provinciale negli ultimi anni sono mancati almeno 300mila euro. Alcuni eletti sono volati a Roma grazie ai voti presi qui, ma poi non si sono fatti più sentire per i contributi. Tra di loro figure di rilievo della scorsa legislatura, come l’ex presidente della Rai Roberto Zaccaria e l’ex ministro Tiziano Treu. E ora vallo a dire agli elettori: con l’abolizione del finanziamento pubblico, a loro verrà chiesto su base volontaria di donare alla politica il 2 per mille del reddito.
Ma se i primi a non contribuire alla vita del loro partito come dovrebbero sono proprio gli iscritti al Pd? Il fatto è questo. Ogni iscritto al Partito democratico che sia stato eletto in qualsiasi istituzione versa mensilmente al partito un contributo proporzionale all’indennità che percepisce grazie a quella carica. Una regola ribadita in più di un documento: nello statuto nazionale e nei vari statuti regionali, nel regolamento finanziario nazionale e a cascata in quelli redatti a livello locale, nel regolamento per il tesseramento e nel codice etico. Per gli inadempienti scatta l’incandidabilità e il rischio di espulsione dal partito. Ma nella struttura federale del Pd vige l’anarchia: ogni sezione locale ha le sue regole. E non a tutti piace rispettarle.
In base agli accordi in fase di candidatura, i parlamentari dovrebbero versare 1.500 euro al mese al Pd nazionale. E poi un contributo al Pd regionale e provinciale di provenienza che varia a seconda del regolamento finanziario locale. Ma i conti non tornano. Nel bilancio nazionale del 2012, l’ultimo disponibile, “i contributi provenienti da parlamentari” sono contabilizzati per 4.836.518 euro. Ma i 200 deputati e 100 senatori democratici in carica nel 2012 avrebbero dovuto essere ben più generosi e fare arrivare in cassa 5,4 milioni di euro. Una mancanza di attenzione che stupisce: i loro versamenti sono infatti una voce importante dei 37,5 milioni di euro entrati nel 2012, che nei prossimi anni, dopo l’abolizione del finanziamento pubblico voluta dal governo Letta, non potranno più contare su 29,2 milioni di rimborsi elettorali. Nella lista di chi ha contribuito con più di 5mila euro, allegata al bilancio, mancano ben 20 parlamentari. L’unico big assente è Ignazio Marino, che contattato da ilfattoquotidiano.it comunica di aver versato tutto a gennaio 2013, appena due mesi prima di candidarsi alle primarie del Pd per correre alla poltrona di sindaco. Il motivo? “Solo un ritardo ‘burocratico’”, assicura via sms. Tra ritardi e inadempienze, in ogni caso, nei quattro anni dal 2009 al 2012 l’ammanco totale è stimabile in 1,6 milioni di euro.
Con le dovute proporzioni, alle federazioni locali del Pd va ancora peggio. E la questione, si scopre ora, è al centro del dibattito interno sin dall’anno scorso. Il 7 giugno 2013 Antonio Misiani e Luigi Berlinguer, in quel momento tesoriere e presidente della commissione nazionale di garanzia, hanno inviato a tutti i segretari e tesorieri locali una circolare in cui parlano di “diverse segnalazioni pervenute dal territorio in merito al mancato o irregolare versamento dei contributi previsti dalle norme statutarie e regolamentari da parte degli eletti e designati dal Pd”. Un problema ancora più rilevante a causa “della notevole riduzione dei finanziamenti pubblici ai partiti”. Per questo Misiani e Berlinguer chiedono alle strutture locali di fare rispettare le regole e di segnalare “gli eventuali inadempienti”. Un concetto ribadito poco più di un mese dopo, quando una missiva analoga viene inviata il 29 luglio a firma di Misiani, Berlinguer e questa volta anche dell’allora responsabile dell’organizzazione nazionale Davide Zoggia.
I tre danno tempo fino al 15 settembre per raccogliere i nomi di tutti gli inadempienti. Parole chiare, definitive, quelle di Misiani, Berlinguer e Zoggia. Ma anche inascoltate, secondo i documenti che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare. In provincia di Milano la questione è stata insabbiata, per non correre il rischio di smuovere qualche granello che avrebbe rischiato di trasformarsi in una frana di espulsioni di massa. Eppure l’ammanco nei bilanci dal 2008 in poi è di almeno 300mila euro. Causato dai ritardi di consiglieri comunali e assessori di Milano, ma soprattutto dai versamenti non pervenuti di alcuni parlamentari eletti nella provincia: Roberto Zaccaria, Tiziano Treu, Lino Duilio, Francesco Monaco, Linda Lanzillotta e Pierluigi Mantini, questi ultimi due usciti dal gruppo democratico nel corso della scorsa legislatura.
Diverso il discorso per Umberto Veronesi e l’editorialista del Fatto Quotidiano Furio Colombo: anche loro non hanno effettuato i versamenti mensili al Pd milanese, ma non avevano obblighi in quanto non iscritti al partito. Nonostante la criticità della situazione denunciata da Berlinguer, Misiani e Zoggia, alle loro lettere non sono arrivati riscontri precisi. Né da Milano, né dalle altre zone d’Italia. “Le informazioni raccolte sono risultate frammentarie e non complete”, ammettono dalla commissione nazionale di garanzia. Ogni decisione è stata così rimessa alla nuova commissione, quella in carica dopo l’inizio dell’era renziana, con presidente il vice ministro dell’Economia Enrico Morando. Per ora nessun passo avanti è stato fatto. Nemmeno per quanto riguarda i parlamentari ‘morosi’ col Pd nazionale. Motivazione? “La tesoreria non ha mai inviato alcun prospetto sui deputati e senatori che non hanno versato”, sostengono dalla commissione. Eppure basta andare sul sito del partito. E iniziare a spulciare la lista inserita nel bilancio 2012.
1) – Continua