Inizia oggi il presidio ad oltranza per le centinaia di dipendenti della Croce Rossa piemontese. Un decreto del governo Monti ha dato il via alla privatizzazione delle Cri. Tra gli effetti dell’attuazione del decreto c’è il passaggio, per i dipendenti, da un contratto pubblico a uno privato. “Ci tagliano il 30 per cento dello stipendio – spiega Gianni Perotta della Cgil– senza averci interpellato. Far diventare la Croce Rossa un ente privato significa trasformaci in un’azienda a fine di lucro. Questo avrà delle ripercussioni sulla qualità del servizio”. In un primo momento la privatizzazione interesserà oltre 4mila dipendenti su tutto il territorio nazionale: “Stiamo parlando del 30 per cento in meno – dice un manifestante – su uno stipendio da 1500 euro. Intanto il nostro presidente nazionale guadagna in un anno quello che noi percepiamo in 20 anni di lavoro”. Negli ultimi anni si sono susseguiti diversi scandali legati alla gestione della Croce Rossa, il più importante quello della Regione Sicilia, dove è intervenuta anche la Corte dei Conti. La Cri siciliana è già stata privatizzata già da alcuni anni, permettendo l’assunzione di oltre 3mila dipendenti, molti a tempo indeterminato, con un rapporto che superava le dieci unità per ogni ambulanza a disposizione sull’isola. La privatizzazione voluta da Monti doveva risolvere le carenze strutturali del più grande ente umanitario italiano che da si è ormai trasformato in un carrozzone parastatale che controlla poco e male i comitati locali. Non esiste, per esempio, una tesoreria unica a livello nazionale, che controlli l’operato di ogni singolo comitato lasciando così la possibilità di creare buchi di bilancio che sommati tra loro superano i dieci milioni di euro  di Cosimo Caridi 

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