“Ridicolo”. Si limita a un aggettivo il commento di Sergio Marchionne alla sua potenziale scalata alla Fiat grazie al pacchettone di stock option accumulato negli anni alla guida del Lingotto. Un’enorme mole di opzioni per acquistare titoli della casa automobilistica a prezzi che i recenti corsi di Borsa della Fiat hanno iniziato a rendere convenienti.
Il primo a fare i conti in tasca al manager italo-canadese era stato il settimanale Il Mondo in una delle ultime uscite in edicola prima della chiusura. Secondo i calcoli della storica rivista economico-finanziaria di Rcs, se Marchionne dovesse acquistare tutte i 27 milioni di azioni Fiat che gli spettano e che rappresentano poco più del 2% del capitale, oggi diventerebbe il terzo azionista del Lingotto. Davanti a lui, con poco stacco, un fondo d’investimento, sopra a tutti la famiglia Agnelli.
Tutto questo senza contare i potenziali diritti del manager sulla Chrysler che entro l’estate ingloberà Fiat all’interno di una società di diritto olandese di nuova costituzione. Dal 2009 a oggi Marchionne non ha percepito alcuno stipendio in contanti per i ruoli ricoperti nella casa di Detroit (amministratore delegato e, dal 2011, presidente) che lo ha remunerato con dei pacchetti di phantom shares, cioè diritti relativi alle azioni che sono già maturate ma sono collocate su un conto vincolato che diventerà disponibile quando il manager lascerà il cda.
E alla domanda del fattoquotidiano.it sul suo eventuale futuro “da azionista che fa le pulci a Elkann in assemblea” risponde prima scherzando: “Magari compro le azioni del Fatto così vengo a fare le pulci a lei”. A seguire arriva appunto l’aggettivo ridicolo e, quindi, l’acqua sul fuoco: “La capacità mia di poter influenzare il minimo livello di attività in Fiat come azionista è zero. Si metta l’anima in pace”. Neanche come disturbatore in assemblea? “Allora bastano due azioni, lo può fare chiunque”.