Non si fermano le azioni del governo turco contro il web. Dopo il blocco di Twitter e di YouTube e nel giorno dei commenti in rete sulle elezioni amministrative che hanno visto trionfare il partito islamico del premier Recep Tayyip Erdogan, la Turchia attua un altro tipo di veto su Internet. Blocca l’impostazione dei server di Google che gli internauti del paese stavano usando come canale alternativo per aggirare la censura sul web.
“Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni credibili e abbiamo confermato con le nostre indagini che il servizio di Domain Name System di Google è stato intercettato”, afferma il colosso californiano in un post pubblicato sul suo blog ufficiale. I Domain Name System (Dns) sono i server che collegano l’indirizzo testuale di un sito (ad esempio www.twitter.com) al suo corrispondente indirizzo numerico (Ip). Proprio cambiando l’impostazione dei Dns, nei giorni scorsi gli utenti turchi erano riusciti ad aggirare il divieto di accesso a Twitter e YouTube.
Al di là dell’ulteriore veto, con questa mossa del governo turco si prefigura anche un altro rischio per gli utenti: intervenendo sui Dns e dirottando il traffico ad una pagina ‘mascherata’ da server di Google, i provider turchi possono anche monitorare quello che gli utenti scrivono o cercano di trasmettere, convinti di essere su un canale sicuro. “Immaginate se qualcuno cambiasse la vostra rubrica telefonica con quella di un altro. Sembra più o meno la stessa di prima, tranne che ad alcuni utenti sono abbinati i numeri di telefono sbagliati”, spiega l’ingegnere di Mountain View, Steven Carstensen.
Giovedì scorso, dopo una settimana dal blocco imposto a Twitter che ha scatenato reazioni di sdegno nel mondo e pareri contrari dei tribunali di Ankara e Istanbul, l’Autorità governativa turca delle telecomunicazioni ha annunciato agli operatori cellulari e ai fornitori di Internet la decisione di bloccare anche l’accesso a YouTube. Da gennaio su queste piattaforme quasi ogni giorno trapelano documenti o registrazioni compromettenti per il premier Erdogan e altre personalità del governo turco.
E in questo clima di restrizioni per la libertà online il prossimo 5 aprile in Turchia sbarcherà il primo Apple Store. Sarà inaugurato – come riporta il blog MacRumors – in un centro commerciale di Istanbul e per l’evento sono attesi l’amministratore delegato dell’azienda di Cupertino, Tim Cook, e il presidente turco Abdullah Gul, che nei giorni scorsi si è espresso negativamente sul veto posto da Erdogan a Internet.
L’opposizione di fronte a queste nuove iniziative contro la libertà di espressione temono che il leader islamico Erdogan, forte della vittoria elettorale, lanci “una caccia alle streghe” contro chi lo contesta. “Il premier ha chiaramente cominciato a minacciare la democrazia, la legge e i gruppi sociali”, ha detto Kemal Kilicdaroglu il leader del Chp (28% nel voto di domenica 30 marzo contro il 45% al partito islamico Akp del premier). Erdogan, ha aggiunto, “non tollera alcuna opposizione”.
In un discorso pronunciato questa notte davanti alla sede dell’Akp ad Ankara dopo il successo elettorale, Erdogan ha affermato che i “traditori” della nazione ora “la pagheranno”. Kilicdaroglu ha più volte denunciato durante la campagna elettorale il premier, accusato di corruzione e autoritarismo, come il “Primo Ladro” e un “dittatore”, e lo ha invitato a dimettersi o a lasciare la Turchia.