Un altro addio tra le file del Movimento 5 Stelle a Palazzo Madama. A lasciare questa volta è il senatore Bartolomeo Pepe, che ha comunicato alla presidenza il suo passaggio al Gruppo misto. Si conclude dopo quasi un mese la vicenda dell’eletto in Campania, tra i più critici del gruppo. Una storia lunga e travagliata giocata a suon di sconfessioni dal meeutp locale e attacchi in assemblea. In molti hanno puntato il dito contro le dinamiche di potere locali che sul territorio avrebbero visto lo scontro tra i vicini a Pepe e quelli invece legati al fedelissimo Roberto Fico (presidente della Commissione di Vigilanza Rai). Motivo di lite interno era stata soprattutto il “boicottaggio” da parte dei colleghi della candidatura di Pepe a presidente della Commissione Ecomafie. Una scelta che il senatore non aveva mai accettato “a causa della mia esperienza sull’argomento e delle mie lunghe battaglie sul tema”. Il parlamentare aveva sempre sostenuto di essere stato eliminato ingiustamente per lasciare il posto a Carlo Martelli e Paola Nugnes. Sotto accusa soprattutto le votazioni (che lo avevano dato sempre vincitore) e che erano state ripetutamente annullate.

“Spero”, ha commentato Pepe, “si faccia un gruppo dove ci sia il rispetto delle regole, un gruppo dove porteremo i principi cardine dei 5 Stelle, ideali ora persi per guerre di posizione interne. Se uno lascia non è per una poltrona o per i soldi, che”, nel nuovo ipotetico gruppo a cui lavorano i delusi, “continueremo a restituire con regolari rendicontazioni online, ma perché c’è possibilità di lavorare, cosa impossibile per le delegittimazioni interne al gruppo M5S”, dove vigono “regole a geometria variabile a seconda della convenienza poltronistica: ribaltiamo pure l’accusa mossa dal mio ex capogruppo Maurizio Santangelo”. Pepe non crede, inoltre, che il suo sia l’ultimo addio nel gruppo M5S al Senato. “Ho paura che se continuano con questa logica di guerra interna perderanno altri pezzi – si dice convinto – Spero che il M5S si possa ravvedere, noi lavoreremo parallelamente e aperti al confronto. Nulla toglie che un futuro si possa tornare insieme”. 

Il gruppo al Senato perde così un altro pezzo. Nonostante lo stop di Gianroberto Casaleggio e i tentativi del vicepresidente alla Camera Luigi Di Maio di ricucire lo strappo interno, dopo quasi un mese di discussioni Pepe ha deciso di lasciare i banchi a 5 Stelle. Passano così a 14 -tra cartellini rossi e addii volontari- i senatori che hanno lasciato il Movimento in un anno di legislatura. Gli espulsi sono stati Marino Mastrangelo, Adele Gambaro, Lorenzo Battista, Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino, Luis Alberto Orellana. Ci sono poi i dimissionari che, di fatto, Grillo ha messo alla porta con un post sul suo blog, ovvero Maurizio Romani, Alessandra Bencini, Laura Bignami, Maria Mussini e Monica Casaletto. A questi si aggiungono quelli che, come Pepe, hanno deciso autonomamente di lasciare il Movimento: Fabiola Anitori e Paola De Pin.

In queste ore c’è grande fibrillazione. “Forse qualcuno tra i dimissionari – dice un senatore 5 Stelle riferendosi a Romani, Bignami, Mussini, Casaletto e Bencini – potrebbe ripensarci e aderire al gruppo, Romani più degli altri. Ammesso e concesso che le defezioni siano finite qui: non mi sorprenderebbe affatto se qualcun altro decidesse di seguire i delusi”. Non sembra pensarla così Santangelo, che, commentando l’addio di Pepe al gruppo, dice: “Penso che resteremo in 40, che le defezioni siano finite qui. Quaranta mi sembra il numero giusto”. Qualcuno, nello staff, sembra sperarlo, preoccupato per i contraccolpi di nuove uscite. Ogni addio, infatti, porta circa 60.000 euro in meno nelle casse del gruppo, tant’è che la settimana scorsa il tesoriere Giuseppe Vacciano ha messo in guardia i colleghi: necessario sforbiciare le spese per far quadrare i contri, con tagli alle attrezzature e ai fondi destinati alle Commissioni. Per ora salvi i costi del personale, ma con Pepe -fanno notare in molti- escono altri 60mila euro. In poche settimane il gruppo al Senato ha perso, tra espulsioni e fuoriuscite, attorno ai 570.000 euro. “Tanti soldi – commenta un senatore – per chi non ha altre entrate”. I 5 Stelle, infatti, rinunciano da Statuto ai rimborsi elettorali.

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