La tintura per capelli per il consigliere calvo. Una festa in un ristorante all’ora di pranzo della vigilia di Capodanno fatta passare per evento politico. Un giocattolo. Sale d’alberghi di lusso fatturate per convegni che non si sono mai svolti. Consulenze fittizie. Cravatte firmate. Bottiglie di vino acquistate in enoteca. Occhiali da vista. La Tarsu di una sede di partito. E pranzi e cene. Tante, tantissime cene, con molti commensali. Commentate così da un inquirente di alto livello: “Stavano sempre a mangiare, questi politici campani”.

Quante spese allegre nell’inchiesta sui rimborsi facili del consiglio regionale della Campania, che stamane è arrivata al dunque con l’emissione di cinquantuno di avvisi di conclusa indagine. Per quasi tutti è il peculato l’accusa avanzata dal pm di Napoli Giancarlo Novelli, coadiuvato dal Nucleo Tributario della Guardia di Finanza agli ordini del colonnello Nicola Altiero. Ma ad alcuni consiglieri è contestata anche la truffa, compiuta nella gestione dei fondi per la comunicazione. Le notifiche stanno avvenendo in queste ore.

Tra i destinatari dei provvedimenti c’è il sottosegretario Pd alle Infrastrutture Umberto Del Basso De Caro, consigliere regionale della Campania dal 2010 al 2013 e per un periodo anche capogruppo dei democratici. Tra gli indagati che rischiano a breve di diventare imputati con un’eventuale richiesta di rinvio a giudizio: il coordinatore di Forza Italia in Campania Domenico De Siano, la parlamentare Eva Longo. Non è indagato il presidente della giunta, il Governatore Stefano Caldoro, che pur essendo anche consigliere regionale, il sessantunesimo componente dell’assemblea, non ha mai attinto ai fondi per il funzionamento del consiglio.

L’inchiesta è andata avanti su un’ipotesi: i milioni di euro destinati ai gruppi politici e ai singoli consiglieri, in assenza dell’obbligo di rendicontazione, grazie alle falle di una legge regionale piuttosto permissiva (poi abrogata), potrebbero essere stati utilizzati per finalità private. Oppure impiegati in modo non consono alle finalità pubbliche dei finanziamenti stanziati ed erogati. L’analisi della documentazione rinvenuta dagli investigatori ha aggravato i sospetti.

La prima mossa della Procura risale al 21 settembre 2012, i giorni del caso Fiorito nel consiglio regionale del Lazio. La Finanza fa incursione negli uffici del Centro Direzionale e carica una montagna di faldoni in quattro auto di servizio. Si lavora su una traccia: una telefonata intercettata al consigliere regionale Ugo De Flavis (all’epoca Udeur, oggi Ncd), che ha il cellulare sotto controllo per una storia di presunte assunzioni clientelari. Al telefono si parla dei fondi pubblici regionali in un modo che insospettisce il pm.

Si parte con le analisi contabili. E si rilevano gli importi annuali. Il fondo per il funzionamento dei gruppi consiliari consiste in 1.055.981 euro, quello per la comunicazione in 1.523.000 euro, mentre l’assistenza per le attività istituzionali impegna 1.891.000 euro. Le Fiamme Gialle setacciano gli anni dal 2010 al 2012. Eccone la ripartizione riferita dei singoli gruppi. Il Pdl ha goduto di circa 206.000 euro annuali per 21 consiglieri. Il Pd ha ottenuto 152.000 euro (14 consiglieri). Udc e Lista Caldoro hanno ottenuto 71.183 euro. L’Idv ha goduto di 53.105 euro. Circa 44.000 euro per il gruppo misto. 35.000 euro a Udeur, Pse, Noi Sud.

La legge stabiliva un tetto di 1.100 euro al mese al singolo consigliere (voce diversa e in aggiunta all’indennità) e un tetto di 2.100 euro al capogruppo. Ogni gruppo si è dotato di un regolamento autonomo. In sostanza nessun consigliere ha ottenuto il massimo e, con i primi riflettori accesi, il consiglio regionale ha abrogato quella normativa. Il Pdl elargiva ai consiglieri 800 euro mensili, il Pd 600 euro. Poco alla volta sono emersi alcuni presunti imbrogli, e in particolare un giro di false fatture presentate con il solo scopo di ottenere indebiti rimborsi. Il 20 dicembre 2012 è il giorno degli arresti del consigliere Pdl Massimo Ianniccello: avrebbe ottenuto 63.000 euro grazie a fatture emesse da società fantasma intestate a teste di legno. Un successivo sviluppo costa a Nicola Caputo l’elezione alla Camera dei deputati nel Pd. Ha appena vinto le parlamentarie nel collegio di Salerno-Caserta quando riceve un invito a comparire per un paio di fatture sospette. I democratici, in nome della questione morale, lo depennano. Più o meno la stessa fine di un altro papabile per uno schieramento avverso, il Pdl Angelo Polverino, anche lui escluso dalle liste perché raggiunto da un avviso di garanzia per le stesse ragioni.

Il 22 aprile 2013 il Gip Roberto D’Auria emette una nuova misura cautelare. Sergio Nappi finisce ai domiciliari, Raffaele Sentiero al domicilio coatto nel comune di residenza. Viene contestato il solito trucco delle fatture false per prestazioni mai eseguite. In un caso la fattura risalirebbe a un periodo antecedente all’elezione del politico. Nel luglio scorso la Finanza notifica 57 inviti a comparire per rendere interrogatorio. La Procura rivela la sostanza delle accuse, caso per caso, rimborso per rimborso. Uno dei principali indagati, il capogruppo del Nuovo Psi Gennaro Salvatore, viene sentito a fine settembre. Gli fanno domande sulla montagna di scontrini ‘strani’ da lui stesso consegnati agli inquirenti. Molti riguardano pranzi e cene nei week end estivi nella località di mare di Castellabate (Salerno), ma ce n’è persino uno per la bombola di gas della casa fittata per le vacanze. Le sue risposte non convincono. A febbraio Salvatore, uno dei più stretti collaboratori del Governatore Caldoro, suo consigliere per i rapporti tra giunta e consiglio, viene arrestato con l’accusa di peculato aggravato e continuato. È l’ultimo petardo delle indagini concluse stamane.

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