Il neo amministratore delegato affronta l'interrogazione del Parlamento a carte scoperte: non sa spiegare perché il difetto ai blocchetti di accensione non fu neutralizzato. Solo quest'anno, il costruttutore s'è deciso a procedere con il richiamo di 2,6 milioni di vetture, principalmente negli Stati Uniti. Eppure fonti di stampa americana sostengono che in GM qualcuno sapeva
Dopo il messaggio ai dipendenti e l’incontro con i parenti delle vittime, le scuse ufficiali. “La GM di oggi farà le cose giuste. A iniziare dalle mie sincere scuse a tutti coloro colpiti da questo richiamo… specialmente alle famiglie e agli amici di coloro che hanno perso la vita o sono stati feriti. Sono profondamente dispiaciuta”. Con queste le parole l’amministratore delegato della General Motors, Mary Barra, esprime il suo rammarico – qualcuno direbbe tardivo – nella testimonianza scritta preparata per rispondere oggi all’interrogazione di una commissione del Congresso degli Stati Uniti sui 34 incidenti e i 12 morti provocati da un difetto del blocchetto d’accensione di alcuni modelli del gruppo americano, venduti a partire dal 2004. Per rimediare al difetto, il costruttore ha richiamato ben 2,6 milioni di auto, soprattutto in America (in Italia, solo 156 Opel GT del 2007, prodotte negli Usa). Ma le ha richiamate solo quest’anno, quando secondo alcune fonti il problema ero noto già nel 2006. La domanda dell’interrogazione è proprio questa: perché così tanto tempo?
Nella sua testimonianza, Mary Barra risponde chiaramente che non sa perché ci siano voluti anni per annunciare un difetto che metteva a rischio la sicurezza. “Ma posso dirvi che lo capiremo. E quando avremo le risposte, saremo completamente trasparenti con voi e con i nostri clienti”. Barra, che occupa la poltrona di amministratore delegato GM solo da gennaio, è incappata subito in una bella grana. Ha deciso di affrontare la questione di petto, uscendo allo scoperto con un’ammissione di colpa: “Qualcosa è andato storto e sono successe cose terribili”, ha detto un paio di settimane fa nel video indirizzato ai dipendenti. Poi ha incaricando il legale Anton Valukas, noto in America per essersi occupato del fallimento della Lehman Brothers, di investigare sull’accaduto (“Ha il compito di andare ovunque i fatti lo conducano, senza curarsi di quello che scopre, i fatti sono fatti”) e ha nominato un nuovo vice presidente del gruppo con il preciso scopo di occuparsi della sicurezza. Per cercare di recuperare la fiducia dei clienti, la GM ha anche intrapreso una serie di misure distensive, come offrire uno sconto a chi voglia cambiare l’auto difettosa con una nuova del gruppo GM, oppure garantire gratuitamente una vettura sostitutiva a chi non si senta sicuro nel guidare la sua in attesa dell’intervento di richiamo.
La questione tecnica che sta alla base degli incidenti di cui Barra si scusa non è banale: i blocchetti di accensione di alcuni modelli GM avevano un difetto, a causa del quale la chiave poteva facilmente scattare all’indietro (per esempio a causa di un portachiavi pesante) facendo spegnere il motore e, soprattutto, disattivando gli airbag. In pratica, il guidatore si trovava improvvisamente fra le mani un’auto con motore spento, servosterzo e servofreno non funzionanti e, se aveva la sfortuna di perdere il controllo del mezzo, pure con gli airbag disinnescati. Il primo, eclatante incidente fu quello, nel luglio 2005, in cui perse la vita una 16enne del Maryland alla guida di una Chevrolet Cobalt. Il collegamento fra blocchetto d’accensione difettoso e mancato azionamento degli airbag, però, non è così immediato, tant’è vero che pure il temutissimo ente federale per la sicurezza stradale Nhtsa – quello che impone i richiami in America – è sotto accusa per non avere colto il nesso. Come spiega Gabe Nelson sul sito americano Automotive News, normalmente gli airbag sono dotati di un capacitore che accumula per qualche minuto l’energia elettrica necessaria per attivare la carica esplosiva se il motore è spento. Ogni costruttore, però, è libero di programmare il funzionamento del blocchetto come meglio crede: nella posizione di servizio (quella in cui funziona la radio, per intenderci, ma il motore non gira) alcuni costruttori mantengono attivi gli airbag, altri, per non scaricare la batteria, li disattivano. La domanda che l’Nhtsa avrebbe dovuto fare alla GM nel 2007, quando avviò un’indagine sulla mancata attivazione degli airbag in alcuni incidenti mortali, era proprio questa: la posizione della chiava poteva avere disattivato gli airbag?
David Friedman, l’amministratore dell’Nhtsa, è stato chiamato di fronte alla commissione del Parlamento per spiegare come mai, nonostante 260 segnalazioni dei consumatori, non sia stato ordinato nessun richiamo. Lui però difende l’operato dell’ente, scaricando la colpa interamente sulla GM che “aveva in mano informazioni critiche che avrebbero aiutato a identificare il difetto”. A sostenere questa tesi, diverse indiscrezioni apparse sui giornali americani in queste settimane, secondo cui qualcuno in GM sapeva, tanto che il blocchetto d’accensione difettoso fu aggiornato nel 2006. Peccato, però, che la casa non procedette a un richiamo: avrebbe salvato molte vite poiché ben otto dei dodici decessi, secondo Nick Bunkley di Automotive News, sarebbero avvenuti dopo la modifica del componente. C’è da scommettere che l’indagine sarà lunga e approfondita – in America è diventato un vero caso – e alla fine la GM pagherà cara la sua “disattenzione” fra richiamo, multe milionarie e perdita d’immagine. La Toyota c’è già passata, e ha pagato due multe record da 50 milioni di dollari.