I programmi/kermesse di comici – tipo Zelig per intenderci – non stanno attraversando un buon periodo. Colorado per esempio, programma del venerdì sera di Italia 1, benché si avvalga di un cast composto da una cinquantina di comici, perde regolarmente la sfida dello share televisivo contro il one-man show di Crozza, proposto in contemporanea da La7. Lo stesso Zelig sta osservando il suo anno sabbatico alla ricerca di nuove energie per fronteggiare la difficile era post Bisio. Per non parlare dei figli minori di questo filone, ultimo dei quali Giass (canale 5), per il momento trasferito al martedì sera in attesa che decolli, o che precipiti del tutto. Made in sud (Rai 2) fa quel che può, ma di certo non si può dire che sia da Telegatto.

Il panorama comico-televisivo attuale è all’incirca tutto qua. Inoltre, questi format sono spesso il trampolino di lancio per i nuovi talenti. Colorado per esempio, è da sempre una fucina di “giovani” comici, come la brava Barbara Foria, tanto per citarne una. Ed è proprio a loro che voglio dedicare il seguente elenco delle cinque imprescindibili regole per la preparazione di una performance di successo – o “pezzo” come si dice in ambiente cabarettistico – che rispetti la cifra stilistica richiesta dagli autori dei programmi nominati in precedenza.

1 – velocità: il pezzo deve essere di tre minuti. Secondo gli studi di alcuni illustri autori televisivi pare, infatti, che il pubblico sia disposto a sopportare un monologo brutto per una durata massima di centottanta secondi. Ciò avviene poiché i fruitori di queste trasmissioni vivono nella costante attesa del comico successivo, il quale li annoierà tanto quanto il precedente, ma non al punto da fargli preferire una fiction di Rai Uno.

Se per caso vi siete chiesti il motivo per cui Un medico in famiglia fa ascolti da record, la risposta è semplice: dall’altra parte – su Mediaset – c’è sempre un comico che non rispetta questa regola. Fateci caso.

2 – il tormentone: un pezzo comico di successo deve contenerne almeno uno. Si tratta di una parola, frase o persino suono onomatopeico, che deve essere ripetuto a intervalli regolari per tutta la durata della performance. Tale strumento non richiede un grande sforzo creativo. Sarà sufficiente cospargere il vostro monologo di un “tormentone” a caso, e con un po’ di fortuna, mentre fra pochi anni la maggior parte di voi starà lavando i piatti di qualche ristorante italiano a Londra, in Italia ci sarà ancora qualcuno che lo ripeterà ai colleghi d’ufficio per strappargli una facile risata.

3 – Politically correctness: il pezzo deve essere politicamente corretto, che per quanto riguarda la tv nostrana significa che non deve disturbare la sensibilità di nessuno. E’ sconsigliato scherzare sull’orientamento religioso, sessuale e politico di chicchessia. Nel dubbio si consiglia di evitare qualunque bersaglio che non sia “la Suocera”: unica categoria sociale che mantiene un discreto senso dell’umorismo.

4 – divieto di satira: questo genere di comicità è da evitare. Non fosse altro che, a causa dei rapidi mutamenti politici – di cui tutti siamo ormai inermi spettatori – nessuno è in grado di prevedere chi sarà il proprio datore di lavoro fra sei mesi. Qualora foste colti dall’urgenza di fare satira politica, tenete presente la fine che ha fatto il cabarettista Beppe Grillo, costretto a cambiare mestiere pur di togliersi lo sfizio di mandare tutti a quel paese.

5 – La chiusa: L’ultima battuta è l’aspetto più delicato della questione. E’ necessario ottenere da essa l’applauso più grande dell’intera performance. Ostinarsi a elaborare concetti troppo complessi per il pubblico televisivo di prima serata è quantomeno inutile. Buttatevi piuttosto sulla volgarità, ma fate attenzione: ci sono parolacce tollerate e altre meno. A tal proposito, si consiglia di fare riferimento al vasto repertorio di Luciana Littizzetto: la più grande esperta vivente nell’edulcorazione del turpiloquio, con le sue metafore sempre eleganti e rodate da infiniti anni di carriera. E se ancora non siete soddisfatti, chiudete con un bel “Vaffa” che – il maestro Grillo insegna – funziona sempre.

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