Mancavano pochi minuti alle 21, il nord del Cile ha tremato ed è subito scattato l’allerta tsunami: nella notte, migliaia e migliaia di persone si sono dovute allontanare dalla costa. E puntualmente, poco dopo la violenta scossa di magnitudo 8.2, le prime onde – alcune alte anche circa 2 metri – si sono abbattute sulle spiagge di alcune località. Le autorità hanno subito chiesto l’evacuazione preventiva della popolazione sul “100% della costa” del Paese, lunga 4.300 chilometri: la scossa è stata molto violenta e in effetti anche il Perù e l’Ecuador hanno subito diffuso a loro volta un’allarme tsunami sulle coste del Pacifico, poi parzialmente rientrato. Poco prima della mezzanotte ora locale il ministro degli Interni cileno, Rodrigo Penailillo, ha reso noto che “l’allerta tsunami rimarrà in vigore in tutto il paese per altre sei ore”. Sono 5 le vittime fino ad ora, secondo il governo. A perdere la vita sono stati 4 uomini e una donna, soprattutto a causa di infarti o schiacciati dai crolli. Decine i feriti, mentre migliaia di persone sono rimaste senza corrente elettrica. I danni effettivi del sisma potranno essere valutati solo in mattinata, dicono le autorità. 

“Il Cile ha affrontato bene questa prima fase dell’emergenza”, ha sottolineato la presidente Michelle Bachelet, che ha dichiarato “zona di catastrofe” alcune delle aree più colpite. “L’allerta tsunami è stata data con prontezza”, ha aggiunto la Bachelet durante una breve dichiarazione nel palazzo presidenziale della Moneda, precisando di aver dichiarato “zona di catastrofe” tre delle aree più colpite dal sisma: Arica, Parinacota e Tarapaca. Domani la presidente si recherà nelle zone colpite dal disastro.

Sempre secondo l’esecutivo di Santiago, in Cile le onde più alte (poco più di 2 metri) sono state quelle arrivate ad Iquique, 1.800 km a nord della capitale. Dopo i primi dati, lo United States Geoloical Survey ha rivisto al rialzo la magnitudo del sisma – definito da tanti cileni “molto lungo” – al largo delle coste settentrionali del Cile da 8 a 8.2. Rivisti anche i dati di ipocentro ed epicentro, rispettivamente a 20,1 km di profondità e 95 km a nordovest di Iquique, dove ci sono stati danni all’aeroporto e alcune delle abitazioni più fragili sono crollate. E non sono d’altra parte mancate le repliche: cinque-sei di media intensità, tutte comunque ben al di sotto degli otto gradi.

“Stiamo valutando insieme ai nostri esperti le variazioni della mareggiata e monitoriamo, minuto a minuto, quelle situazioni che si presentano più rischiose”, ha precisato il ministro degli interni, annunciando la chiusura oggi delle scuole in alcune città. Il ministro ha d’altro lato smentito versioni circolate su presunti saccheggi nelle località costiere del paese, che però sono stati segnalati da più fonti ad Iquique. Nella stessa città, circa 300 detenute di un carcere femminile sono riuscite a fuggire durante la confusione e gli attimi di terrore del terremoto. Alcune di loro sono state poi catturate.

Il Cile – uno dei Paesi più colpiti al mondo dai terremoti – è così ripiombato nell’incubo sisma, che ben conosce: oggi la terra ha tremato nel nord, il 27 febbraio del 2010 era capitato nel centrosud, con un bilancio – soprattutto a causa dello tsunami – di 526 morti e 25 ‘desaparecidos‘, oltre all’ingente distruzione delle infrastrutture e le abitazioni. Scossa che fu superiore a quella odierna, con magnitudo 8.8.

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