L'Eurozona ha svoltato l'angolo e ricomincia a crescere. Ma il tasso di disoccupazione è a due cifre in molti Paesi e le disuguaglianze si sono accentuate
Le economie dell’area euro hanno ripreso a crescere e la fiducia è tornata. Ma l’attività economica rimane “irregolare e fragile”. Occorre quindi “dare la priorità alle riforme strutturali per aumentare ancora di più la competitività e il potenziale di crescita“. E i Paesi più fragili, nonostante i progressi compiuti sul lato del consolidamento fiscale, “dovranno mantenere ancora per diversi anni posizioni di bilancio molto forti per ridurre il debito pubblico”. Sono le indicazioni del rapporto 2014 sull’area euro e sulla Ue dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Per rilanciare la crescita, scrive l’istituto parigino, “è necessario ripulire i bilanci delle banche e del settore finanziario”, procedendo, dove necessario, alla ricapitalizzazione degli istituti di credito per sostenere l’aumento del credito verso l’economia reale e rafforzare la domanda. Anche una politica monetaria espansiva “dovrà essere mantenuta per qualche tempo per sostenere la domanda”.
Per l’Ocse le economie dell’area dell’euro, comprese quelle colpite più pesantemente dalla crisi, “sembrano aver svoltato l’angolo, dopo molti anni di crescita bassa e irregolare”. La fiducia è “migliorata” e sono stati compiuti progressi nella riduzione degli squilibri fiscali e nel miglioramento della competitività in molti Paesi vulnerabili, che hanno anche fatto riforme strutturali. Tuttavia l’attività economica rimane “irregolare e fragile”. Il tasso di disoccupazione, si sottolinea nel rapporto, è a due cifre in molti Paesi e spesso è il doppio per i giovani e le disuguaglianze “si sono accentuate”. Inoltre i “deboli bilanci delle società del settore privato e l’impressionante consolidamento fiscale, reso necessario dall’alto indebitamento sovrano, pesano ancora sulla domanda”.
A proposito del consolidamento dei conti pubblici dei Paesi della zona euro, l’Ocse scrive che il ritmo è destinato a rallentare ma la frenata “può essere appropriata e coerente”, se “i piani di bilancio vengono effettivamente attuati”. In caso di crescita, si sottolinea nel rapporto, gli sforzi di risanamento “dovrebbero essere differenziati a seconda delle diverse situazioni nazionali” e la composizione del consolidamento fiscale “può e deve essere regolata per sostenere una crescita inclusiva e riforme strutturali per migliorare il mercato del lavoro”. Con una posizione di bilancio neutra in Germania e con Italia, Francia e Spagna intenzionate a rallentare gli sforzi nel 2014 e nel 2015, il miglioramento del saldo primario “dovrebbe essere di mezzo punto percentuale di Pil potenziale sia nel 2014 che nel 2015”. Anche Grecia e Portogallo, stando alle previsioni, dovrebbero allentare i ritmi di consolidamento, mentre solo l’Irlanda dovrebbe tenere il passo. Nonostante i “notevoli” sforzi di consolidamento fiscale da parte dei Paesi dell’area euro, rileva l’Eurostat, i livelli del debito pubblico sono “ancora troppo elevati”, in molti casi oltre il 60% del Pil. Per centrare l’obiettivo entro il 2030 numerosi Paesi dovranno fare “passi avanti notevoli”, mantenendo per molti anni un avanzo primario “ben al di sopra dei livelli storici precedenti”.