Nel valutare l’opzione della fonte nucleare per soddisfare la domanda elettrica, si omette di frequente il nesso che lega l’atomo civile a quello militare. Come infatti trascurare che il materiale che arma l’ordigno più potente e delittuoso mai costruito dall’uomo sia ottenuto attraverso l’arricchimento dell’uranio o il ritrattamento del plutonio, che provengono più o meno direttamente dalle centrali a fissione? E come sottovalutare l’intreccio societario tra le compagnie facenti parte dei complessi militari e quelle del sistema industriale-energetico che governa l’offerta e la distribuzione energetica nei Paesi più avanzati e contemporaneamente impegnati nel gioco della potenza a livello della politica internazionale?
“Il nucleare civile è una via privilegiata verso il nucleare militare“. Questa è una affermazione molto chiara e netta, pronunciata in tandem da Stéphane Hessel, ex diplomatico e scrittore francese scomparso un anno fa e noto in tutto il mondo per il best seller mondiale “Indignatevi!” e dallo scienziato Albert Jacquard, coautori di un pamphlet francese “Exigez!”, ora tradotto e pubblicato in Italia e il cui obiettivo è il “disarmo nucleare totale”.
La tensione che illumina il messaggio dei due pacifisti porta a valutare l’avventura nucleare – nel suo complesso, non solo nell’accezione bellica – come un crimine verso l’umanità, a cui le nuove generazioni dovrebbero reagire considerando la distruzione del pianeta come un evento tutt’altro che escludibile. E che potrebbe avverarsi perfino per errore.
Come affermano Teresa Fortuny e Xavier Bohigas, membri del Centre d’Estudis per la Pau JM Delas, l’incidenza di errori umani nella manipolazione delle armi nucleari è significativa, anche se abilmente occultata. All’inizio del 2014 l’Air Force statunitense ha sospeso 34 funzionari responsabili per il lancio di missili nucleari, per aver disatteso le prove di competenza o per aver omesso di giustificare le loro assenze sul posto. Ha anche licenziato diciassette ufficiali destinati a monitorare i missili nucleari Minuteman, per aver violato le norme di sicurezza. A seguito di questi “bug”, John Kirby, portavoce della Difesa, ha affermato che ci sono problemi sistemici tra il personale nel campo della corsa al nucleare. Ed ha aggiunto che gli errori di coloro che supervisionano l’arsenale nucleare hanno generato “legittime preoccupazioni circa la gestione di uno dei compiti più importanti e delicati”. Il senatore Mark Udall, presidente della sottocommissione del Senato che sovrintende l’arsenale nucleare, ha ammesso: “Sono ancora preoccupato per gli errori di calcolo e la indisciplina manifestati negli ultimi mesi da parte di alcuni agenti assegnati al lancio di missili”.
Lloyd J. Dumas, docente presso l’Università del Texas, ha studiato la possibilità di errori da parte del personale incaricato delle tecnologie nucleari, sia civili che militari. Quasi l’80 % degli incidenti registrati in dieci centrali nucleari studiate, sono dovuti a errori del personale o a inadeguatezze dei protocolli. Durante il periodo 1950-2011, c’è stata una media di un grave incidente nel settore delle armi nucleari ogni sette mesi (rischi di collisione tra aerei e depositi di bombe, dispersione incontrollata di materiale radioattivo, infrazioni delle procedure di allarme per stress del personale, etc.).
Tutti questi incidenti e guasti nella gestione e nel controllo degli arsenali nucleari ci avvertono del pericolo di un’organizzazione dell’attacco e della risposta con le armi atomiche, bandita da qualsiasi orizzonte di civiltà, ma di fatto consegnata a procedure informatiche pressoché automatiche, finalizzate comunque all’autodistruzione dell’intera umanità. Così, non è escluso che un incidente arrivi a provocare una risposta e a scatenare una grave catastrofe o una guerra nucleare per errore o a causa di un errore umano.
Con il libello “Esigete!” Hessel ci insegna come si dovrebbero impostare tutte le nostre campagne culturali. Questo testo ha il pregio di rendere attuale un tema che pare scomparso finanche dall’immaginario pacifista, mentre lo coniuga con l’attuale necessità di parlare ai tanti giovani ansiosi di futuro. E, soprattutto, di cosa sia necessario cambiare perché questo nostro Pianeta possa continuare a sopravvivere.