È una genialata. Si chiama Kiki Jungle ed è la prima collana antiscippo. Ovvio che il parto creativo abbia avuto luogo a Napoli, città che in materia mantiene alto il primato. L’ideatrice è Ninotchka Salza, figlia teenager di Alessandra Barbaro, proprietaria di una catena di concept store. Un necklace un po’ etnico, utilizza oltre a pietre come corallo, ambra e turchesoni anche la più avanzata tecnologia. Nasconde dietro l’incavo, creato appositamente, un microchip e funziona più o meno come i cellulari di ultimissima generazione. In caso di smarrimento o furto sono facilmente rintracciabili. La collana anti-mariuolo al primo approccio della mano malandrina innesca un allarme sonoro ad alta frequenza e invia in simultanea un sms geolocalizzato ai familiari e al servizio d’ordine. Ma c’è dell’altro: un micro sensore, inserito nello scrigno della collana-spia, darà anche la possibilità di misurare il tasso alcolico di chi la indossa ed invierà un sms in automatico quando il livello supererà il limite consentito. L’oggetto di design sarà presentato in anteprima da ‘Nun è peccato’, il bistrot-cabaret milanese di Fabiana Piantieri con performance de La Corte dei Miracoli di Renato Converso.
Esportiamo poco. Oltre alla “Grande Bellezza”, le “piccole renzate” (Berlusconi è ormai bello e rottamato). Ma se tiriamo fuori dal cilindro l’italian style ce la caviamo sempre. Mi scrive la collega Benedetta Lignani Marchesani per invitarmi alla mostra “Italian Glamour, l’Essenza dello Stile attraverso la Moda e il Costume nel XX secolo”. Wow! Non posso mancare. Poi butta lì la location: la Cidade Das Artes di Rio de Janeiro. Doppio Wow, ma rimango a casa mia (tanto c’è pure il design). Abiti da sogno provenienti dell’archivio storico dei collezionisti Enrico Quinto e Paolo Tinarelli di sarti italiani e couturiers francesi dal dopoguerra ai giorni nostri.
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SOFIA ODESCALCHI – LAVINIA BORGHESE – MELUSINE RUSPOLI
Come testimonial le giovanissime artiste: Lavinia Borghese, Edmèe di Robilant, Sofia Odescalchi, Melusine Ruspoli.
Esposte le geometrie di Pucci, il sandalo gioiello di Ferragamo, i trompe l’oeil vellutati di Roberta di Camerino, il velato di Schuberth, i pigiama palazzo delle Sorelle Fontana, le volute di Capucci. Poi si approda al pret-à-porter, l’edonismo estetico degli anni ’80 e il power dressing delle prime donne in carriera. Armani, Versace, Krizia, Missoni, Cavalli, Dolce Gabbana, Alberta Ferretti erano solo delle giovani promesse.
Dallo chic di Grace di Monaco al pop trash di Lady Gaga. La moda non è proprio più di moda.
La luna nel piatto. A prometterla, insieme al red carpet di celebrities nostrane, è Laura Morino, spigliata promoter event meneghina che – al Museo della Scienza e della Tecnica – ha messo in bella mostra un rarissimo, preziosissimo, unicissimo frammento della superficie lunare, bottino spaziale della missione Apollo 17. Per chi non riuscisse e vederlo ha allestito anche una luna di cartone, grande e tonda, Fellini style. Mentre noi guardiamo le briciole della luna i cinesi ( sempre pronti a farcelo così…) ci vanno davvero e gli indiani puntano direttamente su Marte.
Ah dimenticavo. Come dress code, un tocco d’argento e un obolo di 200 euro a capocchia per finanziare una nuova aerea spaziale.
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