Adesso credo che possiamo stare tutti più tranquilli. Leggo infatti su Orizzonte Scuola che la moglie di Renzi, Agnese, ex docente precaria presso l’Educandato della Santissima Annunciata, ha fatto finalmente luce sui reali motivi per cui ha rinunciato volontariamente all’insegnamento. Per fortuna che il sito ci ha informati della notizia, che apparirà sul settimanale Oggi, con il quale personalmente entro in contatto solo quelle 2/3 volte l’anno che mi capita di andare dal parrucchiere.

La signora Agnese non ce la faceva:  “Ci ho provato a tenere tutto insieme: il lavoro, la famiglia, la politica. E sono dispiaciutissima di dover lasciare i ragazzi proprio poco prima della fine dell’anno scolastico, ma questo è stato un periodo di cambiamenti enormi e io devo pensare ai miei cari”. Il padre di lei, il nonno, le dà manforte. La madre, il nonno, i figli: le figure nobili di una famiglia che fa quadrato intorno al grande manovratore.

Finalmente, insomma, possiamo tirare un sospiro di sollievo: la preoccupazione era tanta. E finalmente le precarie ed i precari, quelli che stanno lottando da anni per ottenere un posto di lavoro; quelli che vivono di discontinuità professionale; quelli che sono stati spremuti come limoni da uno Stato, che li ha sfruttati – inserendoli in un circuito senza via d’uscita (Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha dichiarato che la stabilizzazione non è un’opzione praticabile) – possono riferirsi al suo fulgido esempio e sentirsi abbastanza fortunati, dal momento che loro sì – i privilegiati! – possono continuare a fare le palle da biliardo, anno dopo anno. Ma c’è di più. Tutti noi docenti – donne e uomini – separati, divorziati, vedovi; noi che abbiamo dovuto gestire situazioni difficili, assenze periodiche, continuative o definitive dei padri o delle madri dei nostri figli, sappiamo che c’è una via d’uscita. O, se la vogliamo vedere da un altro punto di vista ancora, che c’è chi sta peggio di noi. Dobbiamo comunque sapere che i nostri, figli di un dio minore, non hanno potuto godere di tali benefici. Oppure che non siamo stati in grado di esercitare la nostra genitorialità e la cura dei nostri figli in modo altrettanto sollecito e solerte. Non dovremmo sentirci un po’ inadeguati?

Chi come me ascolta con piacere la trasmissione radiofonica Sei uno Zero di Lillo e Greg, conosce certamente le lapidarie e laconiche dichiarazioni del capo indiano Estiqaatsi, il quale – per commentare notizie che i media rilanciano come significative – esordisce sempre con: “Estiqaatsi pensa che…”. Ecco, più o meno così.

 Del resto la sobrietà della signora Agnese, precaria di lusso, degna moglie di cotanto marito è stata evidente quando ha chiesto umilmente di non essere chiamata First Lady. “E chi te ce chiama!”: questo il registro della maggior parte dei commenti sulla rete. Che è un po’ come un’esternazione del Capo Indiano. Insomma: si sentono il sale del mondo ed è anche comprensibile, considerato che ormai sono ovunque e comunque, che hanno il consenso dei media che contano, che sono giovani, veloci, sicuri e sprezzanti. Ma, per favore, un po’ di rispetto per chi lavora e per chi ha dedicato la propria vita a cercare di fare la persona seria in un mondo che ha legittimato l’abolizione del senso del pudore e della decenza.

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