Il viceministro per l'Economia ha lanciato la proposta durante il workshop Ambrosetti di Cernobbio. La sperimentazione del compenso orario minimo, comunque, è prevista nel Ddl delega appena approdato al Senato
“Si potrebbe fare alla svelta una legge sul salario minimo che preveda il carcere per i datori di lavoro che non la rispettano”. Lo ha detto il viceministro per l’Economia, Enrico Morando, al workshop Ambrosetti di Cernobbio. Ora che c’è tra sindacati e associazioni datoriali un accordo sulla rappresentanza sindacale, ha detto Morando, “si potrebbe fare una legge sul salario minimo, per cui se un imprenditore paga di meno” un lavoratore “va in galera“. La sperimentazione del compenso orario minimo è già prevista dal Ddl Delega approdato in Senato il 4 aprile, in base al quale nella fase sperimentale “sarà applicabile a tutti i rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato”. E potrebbe anche essere introdotta una norma per cui “il contratto nazionale agisce solo per default, solo dove non si sia in grado di fare un accordo di secondo livello che possa derogare dal contratto nazionale”, con il solo limite della legge.
Morando poi ha definito “agghiacciante” la quantità di risorse che ogni anno vengono impiegate per il servizio al debito e il pagamento delle pensioni a persone con meno di 65 anni: “Se si sommano le risorse che dobbiamo impegnare ogni anno per far fronte agli interessi sul debito pubblico con quelle che vanno ogni anno per pagare le pensioni a persone che hanno meno di 65 anni, si raggiungono un pò più di dieci punti di Pil“. “Si tratta di scelte che dobbiamo compiere e di impegni che dobbiamo onorare, in un contesto in cui è estremamente difficile pensare che nel breve periodo questo dato possa cambiare”.
“Il lavoro del commissario Cottarelli sulla spending review”, ha detto poi il viceministro, “è prezioso perché dimostra che la riduzione della spesa è possibile, ma la vera domanda è: abbiamo la forza politica necessaria per reggere l’urto della reazione difensiva dei larghi settori della pubblica amministrazione, ma anche dell’opinione pubblica, che sono legati alle dimensioni della spesa pubblica?”. Per questo la revisione della spesa potrà essere davvero realizzata solo se il governo avrà vita abbastanza lunga: “Sarà credibile se l’orizzonte temporale del Governo sarà il 2018, e sarà ragionevole prevedere, in caso di successo di questa prima operazione, che sia possibile che dopo il 2018, una seconda tornata di Governo caratterizzata da questa leadership sia in grado di realizzare in Italia quel lungo ciclo di Governo riformista che gli altri Paesi hanno vissuto e che l’Italia non ha mai nemmeno avvicinato”. Il taglio delle spese, in ogni caso, è imprescindibile, perché quello sull’Irpef dev’essere solo “il primo di una serie di interventi” per portare il cuneo fiscale italiano vicino alla media europea. E “per fare questa operazione non ci vogliono 10 miliardi, ma 32. Questi 32-33 miliardi devono venire in maniera prevalente dalla riduzione della spesa. Ma un’operazione di riduzione della spesa di queste dimensioni si può fare solo in 3 anni. Ma le misure vanno prese immediatamente, adesso”.