L’allarme del procuratore di Roma Pignatone: "Stanno rendendo impossibile l'arresto", anche per scippatori, rapinatori e per altri reati con pene inferiori ai 4 anni
L’ultimo allarme è arrivato dal procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone: “Stanno rendendo impossibile l’arresto, anche domiciliare, per delitti che considero di un certo allarme sociale”, ha detto a un convegno. Si riferiva agli esiti della riforma della custodia cautelare, approvata il 2 aprile dal Senato e ora passata alla Camera. Con gli ultimi emendamenti approvati, il giudice non potrà disporre il carcere e neppure la detenzione in casa, se è prevedibile che l’indagato possa essere condannato a pene inferiori a 4 anni di carcere. “Questo significa lasciare fuori la corruzione e gli altri reati tipici dei cosiddetti colletti bianchi, comprese le bancarotte, le evasioni fiscali anche di grandi dimensioni, malversazioni e altre violazioni di tipo economico”, ha spiegato Pignatone. “Ma non solo: il legislatore deve sapere che così non si potrà arrestare nemmeno chi compie delitti di strada come lo scippo, il furto, fino alla rapina, a meno che uno non entri in una banca impugnando il kalashnikov”.
La legge che modifica la custodia cautelare ha una storia lunga. Il Pd aveva presentato in Parlamento un testo su questa materia anche nella scorsa legislatura. Ne ripropone uno simile nella primavera scorsa, primi firmatari Donatella Ferranti, Andrea Orlando, Anna Rossomando, con l’appoggio anche di Gennaro Migliore e dei parlamentari di Sel. Spiega Ferranti, oggi presidente della commissione Giustizia della Camera: “La nostra proposta cercava di rispondere al sovraffollamento delle carceri in cui, su 60 mila detenuti complessivi, 23 mila sono in custodia cautelare. E poi alle sentenze della Corte costituzionale, che dal 2010 in poi bocciano le norme dei cosiddetti pacchetti sicurezza che rendono automatico l’arresto per tutta una serie di reati. L’automatismo, dice la Consulta, ci può essere solo in caso di mafia. In tutti gli altri casi va motivato caso per caso”. Il testo passa dalla commissione Giustizia della Camera (che ascolta in audizione anche l’Associazione nazionale magistrati) all’aula di Montecitorio, poi passa al Senato, dove viene approvato il 2 aprile con l’opposizione della Lega e l’astensione del Movimento 5 stelle.
“Il problema – spiega Ferranti, – è che, nel viaggio, il nostro testo ha subìto molte modifiche”. In più ha ricevuto l’innesto di alcune proposte formulate dalla commissione ministeriale guidata dal presidente della Corte d’appello di Milano, Giovanni Canzio. “Ora il pacchetto torna alla Camera con una formulazione diversa da quella iniziale e che – ammette Ferranti – effettivamente presenta alcuni problemi”. Il più grave lo indica Maurizio Carbone, segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati (che il Senato non ha ritenuto di consultare): “La custodia cautelare in carcere, o anche agli arresti domiciliari, viene esclusa in tutti quei casi in cui l’indagato potrebbe avere, alla fine del suo percorso processuale, una pena diversa dal carcere”. Dunque: niente cella per chi potrà essere condannato fino a 2 anni, perché potrà beneficiare della sospensione condizionale della pena; ma niente carcere neppure per chi potrà essere condannato fino a quattro anni, perché fino a quella soglia si prevedono misure alternative al carcere. Con una soglia così alta, resteranno fuori anche i responsabili di reati gravissimi, come denuncia Pignatone.
Ma non solo: questa legge trasforma il giudice delle indagini preliminari, che deve decidere se arrestare o no, in una sorta di Mago Otelma che deve prevedere il futuro. “Non dovrà più valutare le esigenze cautelari al momento del fatto commesso – spiega Carbone – ma dovrà prevedere l’approdo finale dell’iter processuale”. Una specie di pratica divinatoria che dovrebbe anticipare una sentenza definitiva che arriverà dieci anni dopo. E che dovrebbe tener conto di tutti gli sconti di pena possibili nel nostro sistema. Questo è anche in contraddizione con lo spirito della legge, almeno quello proclamato: la custodia cautelare, dicono i “riformatori”, non può essere un’anticipazione della pena definitiva. Giusto: ma proprio per questo deve dunque essere presa sulla base delle esigenze cautelari nel momento in cui il reato è commesso, non anticipare la pena futura.
Carbone constata che il testo legislativo almeno un miglioramento lo ha avuto, nel suo viaggio, e proprio grazie ai suggerimenti dell’Associazione nazionale magistrati. È stato eliminato l’obbligo di lasciar fuori, per esempio, chi abbia commesso un omicidio, magari con modalità efferate, ma che è incensurato.
da Il Fatto Quotidiano del 6 aprile 2014