Dopo il crollo nell'era Maroni, il Carroccio è in risalita nei sondaggi. Il neo segretario federale ha capito la tendenza e cavalca ogni possibile fonte di voti, come la questione del secessionismo Veneto
Poco più del dieci per cento: tanto valeva la Lega Nord nel 2009, quando Umberto Bossi era ben saldo al timone e gli scandali ancora lontani. Oggi il Carroccio sta lottando per non scomparire e lo fa applicando la logica del minimo comune denominatore, stringendo patti e strizzando gli occhi a chiunque abbia anche un solo punto di contatto con le storiche parole d’ordine leghiste. Il dato delle politiche del 2013 aveva fatto sperare i più convinti antileghisti in una imminente fine del partito, ridotto al lumicino del 4%. Poi il passaggio di testimone tra Roberto Maroni e Matteo Salvini ha lentamente riacceso gli entusiasmi della base, riportando i sondaggi a far segnare un trend positivo. Le attese per il voto del 25 maggio parlano di un dato superiore al 5%. E’ questa, infatti, la soglia che marcherà la differenza tra una vittoria e una sconfitta. Tra la sopravvivenza e la morte.
Ecco che per riuscire nell’intento di non scomparire nel magma dei partitini, tornano in voga i vecchi cavalli di battaglia. Riprende forma la Lega indipendentista, quella che azzanna lo Stato al polpaccio e ammicca a chi si vuole riprendere la libertà ad ogni costo. La Lega non ha perso tempo a schierarsi apertamente al fianco dei nuovi Serenissimi nel giorno in cui la procura di Brescia ha ordinato l’arresto di 24 secessionisti veneti. Il tam tam in rete è partito fin dalle prime ore del mattino, con il leone di San Marco che ha iniziato prestissimo a fare capolino sull’immagine del profilo Facebook di molti militanti padani, gli stessi che nelle ore successive hanno speso parole di sostegno agli arrestati. Il disegno è elementare: in questi mesi in Veneto il desiderio di indipendenza si sta facendo sentire più forte che mai, c’è trippa per gatti. E’ da lì che la Lega di Salvini vuole ripartire per macinare consensi e recuperare il troppo terreno perso negli anni dei dissidi interni e degli scandali.
Allora poco conta che i tentativi di una lotta indipendentista non abbiano una paternità leghista. L’importante è salire sul carro giusto al momento giusto e capitalizzare i consensi, portare a casa i voti maturati sotto la cenere della rabbia, alimentati dalla paura di un futuro dai contorni sempre più indefiniti. Così si può essere contemporaneamente indipendentisti in Veneto e alleati con i nazionalisti in Europa, magari dopo aver ripulito il simbolo dalla parola ‘Padania‘ per far spazio alla scritta ‘Basta Euro‘. Tutti accontentati.
Non stupisce che, mentre per domenica la Lega ha annunciato a Verona una grande manifestazione di sostegno agli emuli dei Serenissimi di San Marco, Matteo Salvini stia già pensando alle parole da pronunciare nei comizi che terrà nelle regioni del sud, dove è atteso, ad esempio, a Catania, Taranto, Reggio Calabria e Casal di Principe. Sì, perché alle prossime europee la Lega Nord correrà in tandem con l’associazione Patriae, che riunisce ambienti culturali euroscettici a forte tasso di presenze di ultradestra (tra gli altri Alberto Arrighi, Luca Lorenzi, Luca Alonzi). Un modo, anche questo, per raccattare qualche voto anche sotto la linea del Po’. Sul piatto, del resto, ci sono un bel po’ di voti liberati dalle macerie del disastrato centrodestra italiano che, sempre seguendo la logica del minimo comune denominatore, potrebbero arrivare proprio a Salvini e alla sua Lega nel momento in cui molti elettori stanno abbandonando la nave dell’ex Cavaliere, sempre più alla deriva.