Sono passati anni da quando nella masseria “Carmine” della famiglia Fornaro arrivarono i veterinari dell’Asl per portar via le pecore contaminate da diossine prodotte dagli impianti inquinanti dell’Ilva. Oggi però la famiglia di ex allevatori festeggia: il loro “dopo-Ilva” parte dalla semina di canapa che sarà coltivata sugli stessi terreni su cui in passato brucavano le greggi abbattute. Tra sei mesi le analisi dovranno stabilire l’eventuale contaminazione di quelle piante e la famiglia Fornaro dovrà decidere la destinazione del raccolto, ma “quello che conta – spiega Vincenzo Fornaro al Fatto – è il segnale positivo per Taranto: la voglia di non soccombere e di rinascere. È la dimostrazione che quando c’è la voglia di fare qualcosa si può raggiungere l’obiettivo. Non come la politica: sono anni che ci riempiono di parole, noi vogliamo i fatti” di Francesco Casula e Lugi Piepoli
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione