Sono passati anni da quando nella masseria “Carmine” della famiglia Fornaro arrivarono i veterinari dell’Asl per portar via le pecore contaminate da diossine prodotte dagli impianti inquinanti dell’Ilva. Oggi però la famiglia di ex allevatori festeggia: il loro “dopo-Ilva” parte dalla semina di canapa che sarà coltivata sugli stessi terreni su cui in passato brucavano le greggi abbattute. Tra sei mesi le analisi dovranno stabilire l’eventuale contaminazione di quelle piante e la famiglia Fornaro dovrà decidere la destinazione del raccolto, ma “quello che conta – spiega Vincenzo Fornaro al Fatto – è il segnale positivo per Taranto: la voglia di non soccombere e di rinascere. È la dimostrazione che quando c’è la voglia di fare qualcosa si può raggiungere l’obiettivo. Non come la politica: sono anni che ci riempiono di parole, noi vogliamo i fatti” di Francesco Casula e Lugi Piepoli

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Inquinamento: da Statte a Taranto, la marcia dell’ambiente calpestando la diossina

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Livorno, ‘rigassificatore forse opera strategica’. Così le bollette saranno più care

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