L’Unione Camere Penali: "La politica deve dimostrare, al di là dei proclami, di essere in grado di operare le proprie scelte senza farsi condizionare dalle levate di scudi dei procuratori della Repubblica". Il riferimento esplicito è a Giuseppe Pignatone; il procuratore capo di Roma aveva lanciato l'allarme: "Stanno rendendo impossibile l'arresto" sottolineando il rischio “lasciare fuori la corruzione e gli altri reati tipici dei cosiddetti colletti bianchi"
Solo due giorni fa l’allarme di Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Roma: “Stanno rendendo impossibile l’arresto”. Ma il dibattito su quella che sarà la nuova custodia cautelare fa registrare anche voci a favore. Per esempio quella degli avvocati. “La politica deve dimostrare, al di là dei proclami, di essere in grado di operare le proprie scelte senza farsi condizionare dalle levate di scudi dei procuratori della Repubblica” chiede l’Unione Camere Penali, che avverte che altrimenti “non rimarrà che concludere che di fronte agli ‘ammonimenti’ delle Procure la ‘nuova politica’ si lascia intimidire esattamente come la vecchia”.
Con gli ultimi emendamenti approvati, il giudice non potrà disporre il carcere e neppure la detenzione in casa, se è prevedibile che l’indagato possa essere condannato a pene inferiori a 4 anni di carcere. Il progetto di legge “intende riportare all’interno del dettato costituzionale l’istituto della custodia cautelare, mettendo un freno alla distorsione (ormai ammessa esplicitamente anche dai più alti vertici della magistratura) dell’utilizzo della medesima come incostituzionale anticipazione di pena“, sottolineano i penalisti.
E ricordano proprio come che il procuratore di Roma Pignatone, il neo presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone e il segretario dell’Anm Carbone, “hanno ammonito sul pericolo che si correrebbe se la normativa , così come approvata in Senato diventasse legge”, perché si “impedirebbe di applicare la custodia cautelare in carcere anche a soggetti che, secondo la valutazione del giudice sarebbero destinati ad usufruire dei benefici dell’ordinamento penitenziario al momento della esecuzione e dunque non dovrebbero mai scontare la pena detentiva all’esito del giudizio”.
“Dolersi di non poter privare della libertà nel corso delle indagini imputati che non sono destinati, secondo una valutazione ancorata a rigorosi presupposti legislativi, ad entrare in carcere per scontare la pena definitiva, significa – osservano i penalisti- che si pretende di avere mano libera di sbattere in carcere gli imputati anche nel caso in cui questo non avverrà mai all’esito della irrogazione definitiva della pena. In buona sostanza ci si duole del fatto che, se la legge passasse si comprimerebbe un p0′ di quell’enorme potere che la distorta applicazione delle norme ha fin qui conferito alla magistratura. Una previsione che, se si avverasse, sarebbe il miglior risultato che la legge potrebbe raggiungere”.
Per Pignatone con la nuova norma si rischia di “lasciare fuori la corruzione e gli altri reati tipici dei cosiddetti colletti bianchi, comprese le bancarotte, le evasioni fiscali anche di grandi dimensioni, malversazioni e altre violazioni di tipo economico. Ma non solo: il legislatore deve sapere che così non si potrà arrestare nemmeno chi compie delitti di strada come lo scippo, il furto, fino alla rapina, a meno che uno non entri in una banca impugnando il kalashnikov”.