L’evasione fiscale costituisce un fenomeno esiziale che pesa come un macigno sul destino del nostro Paese.

Sicuramente perché sottrae alle casse pubbliche risorse ingenti e preziosissime, specie negli attuali frangenti, ma più in generale. Ma anche e direi ancora più, perché lede, colpendoli al cuore, i principi di legalità formale e di eguaglianza sia formale che sostanziale su cui dovrebbe reggersi il nostro sistema costituzionale, privandolo delle caratteristiche più elementari dello Stato di diritto. Aggiungendosi pertanto, con una peculiare caratteristica di italianità, date le dimensioni massicce del fenomeno che non trova eguali in nessun altro Paese occidentale sviluppato, alle tendenze della globalizzazione ad approfondire ovunque le disparità sociali dividendo sempre più il mondo in una ristretta élite di privilegiati e una massa crescenti di diseredati senza arte né parte.

La nostra Costituzione, al suo articolo 53, ha del resto posto in modo chiaro i principi di base cui dovrebbe obbedire il sistema fiscale, stabilendo che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Principi che è ben dubitabile si siano adeguatamente inverati nel sistema fiscale vigente, dato il sistema delle aliquote e l’assenza di un’imposta patrimoniale. Principi peraltro assolutamente posti nel nulla dalla “costituzione materiale” vigente in materia fiscale, che si riassume in un termine: evasione.

Le dimensioni assolutamente abnormi del fenomeno sono ricordate da Massimo Giannini su Repubblica. Affari e finanza di oggi. Si tratta di 200 miliardi all’anno fra imposte dirette e indirette. Una somma ingente che si potrebbe investire in ricerca e sviluppo dando lavoro a centinaia di migliaia di giovani disoccupati. Eppure, come sottolinea Giannini, il tema sembra non interessare il governo Renzi, che non ha manifestato alcun intento di rottamare l’evasione fiscale. Ancora una volta l’iniziativa spetta in esclusiva alla magistratura, con operazioni come quella posta in essere nei giorni scorsi in Gallura dal pubblico ministero di Tempio Pausania Fiordalisi, hanno dimostrato l’esistenza, sul territorio nazionale, di veri e propri santuari dell’evasione a disposizione congiunta di multinazionali stabilite in paradisi fiscali e nababbi nostrani che dichiarano redditi da operai metalmeccanici.

Se poi si viene a sapere che, come dichiarato al Fatto Quotidiano dal procuratore di Roma Pignatone, Pd e destre, con la scusa di risolvere il sovraffollamento carcerario si preparano ad abolire del tutto la custodia cautelare per una serie di reati fra i quali quelli appunto attinenti all’evasione fiscale e altri crimini da colletti bianchi, sorge il legittimo sospetto che la salvaguardia di questo comportamento antisociale costituisca oggetto di un patto, più o meno tacito, alla base dell’esistenza dell’attuale governo. Si tratta peraltro di una scusa ridicola, dato che gli evasori fiscali in carcere attualmente dovrebbero contarsi sulle dita di una mano e che ben altri provvedimenti sono richiesti per sfoltire la popolazione carceraria, come richiesto dalla Corte europea dei diritti umani. Ma l’occasione era evidentemente troppo ghiotta per provvedere al salvataggio, oltre che degli evasori fiscali, anche dei corrotti e di altre categorie di questo genere.

Un sospetto immotivato ed eccessivo? Una triste realtà direi. Renzi del resto si muove sulla scia dei suoi predecessori ed attuali sodali, in primo luogo Berlusconi. Ai tempi di Monti almeno si parlava di lotta all’evasione e qualche spettacolare operazione di Equitalia aveva alimentato la sensazione che si facesse sul serio. Con Letta se ne è parlato meno ed ora sul tema sembra sceso del tutto il silenzio.

Ma senza un’adeguata lotta all’evasione, condotta distinguendo i casi in cui avviene per effettiva necessità dagli altri e varando norme che colpiscano anche gli altrettanto deplorevoli fenomeni di elusione fiscale, posti in essere ad esempio anche da campioni dell’economia nazionale come Marchionne, non si va da nessuna parte.

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