“Peppino era un comunista”. Suo fratello Giovanni Impastato, non smette mai di ricordarlo. Peppino era un comunista, figlio di un piccolo mafioso, che si è ribellato al padre e ha denunciato la presenza della mafia, nella figura di Tano Badalamenti, nel suo paese, fino a essere ucciso. Per questo che sia proprio un dirigente di Rifondazione comunista ad opporsi all’intitolazione di una via in suo onore, suona quantomeno paradossale.
Succede a Genova, quartiere Rivarolo, in Valpolcevera. Un quartiere, dove negli anni la presenza mafiosa si è fatta tangibile, nascosta dietro le comunità di riesini e gelesi, che negli anni del boom sono emigrate alla ricerca di lavoro e qui si sono stanziate. Un paravento che ha permesso per anni la latitanza di Daniele Emanuello o di Antonio Lo Iacono, numero due del clan Madonia.
A Rivarolo la mafia è visibile, almeno per chi vuole vederla, nelle piazze dei caporali, e nei bar che saltano in aria, specie da quando le recenti inchieste hanno intaccato il dominio della ‘ndrangheta, ma non quello di Cosa Nostra. Ma a Rivarolo c’è anche la società civile che da tempo si è decisa a riconquistare il territorio. Il comitato “Liberi cittadini di Certosa”, ad esempio, ha intrapreso un’opera che è sia culturale che politica, per rendere più vivibile il quartiere. Se da una parte ha allacciato un filo diretto con le forze dell’ordine e con la municipalità locale per denunciare quanto accade, dall’altra ha riaperto il teatro locale e organizzato incontri nelle scuole.
E’ su questa linea che, in collaborazione con la “Fondazione per la cultura di Genova” il comitato ha organizzato una serie di iniziative, che avranno luogo da aprile a dicembre, dal titolo “Bellezza e Legalità”. Il richiamo all’insegnamento di Peppino Impastato è evidente e in questo contesto il comitato, insieme con la Società operaia cattolica di Certosa e le Librerie indipendenti, aveva proposto di intitolare quella che oggi è via Piombino, all’attivista antimafia.
Tuttavia è subito partita una raccolta di firme contro l’iniziativa e gli abitanti della via si sono trovati sul portone un volantino che li invitava a opporsi. Uno dei capofila della protesta è il dirigente di Rifondazione comunista, Vittorio Toscano. Le sue obiezioni, stando a quanto scrive in una discussione su Facebook, riguardano i costi che dovrebbero gestire commercianti. “Se si hanno attività si deve cambiare dallo scontrino fiscale alla ragione sociale. Se sono società, dal notaio chi paga?” Il forte valore simbolico di un’operazione di questo genere, in un simile contesto, non viene assolutamente preso in considerazione.
Interpellato da ilfattoquotidiano.it, il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, smentisce nettamente la notizia: “Non solo il partito sarebbe assolutamente a favore di una via intitolata a Peppino, ma l’avevamo già proposto noi alcuni anni fa”. E il segretario, che ricorda tutti i circoli di partito dedicati all’attivista antimafia, sottolinea di parlare a nome dell’intero partito. Per lui la questione si limita a diatribe personali nate su Facebook.
Sembra di essere tornati a Catania, quando l’allora sindaco, Enzo Bianco, cambiò l’intitolazione di via dello Stadio per dedicarla a Pippo Fava. Anche allora i cittadini protestarono per i costi (e non solo quelli). Provvide a tutto il comune. Era il 1995. Enrico D’Agostino, uno dei promotori del comitato spiega che l’unico aggravio per i commercianti e le società, sarebbe quello di ristampare i biglietti da visita e i blocchi delle fatture, perché per il resto avrebbero un anno di tempo per notificare il cambiamento alla Camera di Commercio, mentre alla variazione di domicilio dei cittadini e alle relative utenze, penserebbe direttamente il comune attraverso la commissione per la toponomastica.