Una cosa mi è sempre stata chiara delle archistar, ovvero degli architetti famosi, e cioè che essi si fanno pagare un sacco di soldi e lavorano perciò quasi esclusivamente per enti pubblici o privati ricchi sfondati. L’architetto Shigeru Ban, giapponese, fa eccezione. Sentiamo cosa dice: “Diventando architetto, sono andato incontro a una delusione. Pensavo che si trattasse di una professione orientata socialmente, ma in realtà lavoriamo per lo più per gente privilegiata: siccome il potere e il denaro sono invisibili, ci arruolano per dimostrare agli altri con monumenti il loro potere e denaro“.
Coerentemente con questo suo pensiero, Ban si è rivolto nella sua vita soprattutto ad aiutare i poveri, specie quando questi rimangono senza abitazione, come accade nei disastri naturali. Ha creato una Ong, la Voluntary Architects Network, che opera appunto in questo campo. E nella realizzazione delle sue opere dà la preferenza per materiali non convenzionali, riciclabili ed economici, che siano essi carta, cartone o tessuti o addirittura container. Nel 1995, quando ci fu il terremoto a Kobe, realizzò tante case di 16 metri quadrati con tubi di cartone, cassette di birra e sabbia. Mentre altri architetti si adoperano in soluzioni avveniristiche, che lascino il loro segno sul territorio, Ban usa materiali poveri e nasconde le sue opere.
Quest’anno Ban è stato premiato con il “Nobel per l’architettura”: il Pritzker Architecture Prize, con la sostanziale motivazione: “Quando una tragedia colpisce, Ban è lì.”
Sarebbe carino che i vari Isozaki, Jurij Kobe, Fuksas lo prendessero ad esempio.