“Questo paese ha molte più opportunità di quanto può sembrare perché è ancora tutto da scoprire, deve ancora evolversi e deve ancora valorizzare la sua identità a livello internazionale”. Elisa non è un cervello in fuga qualunque. Le sue mete non sono state l’Australia o l’Inghilterra, fatta eccezione per un breve periodo a Londra.
Il suo sogno era vivere in Portogallo, e da qualche mese, sta cercando di ritagliarsi uno spazio all’interno di una nazione considerata al primo posto tra i paesi dell’Unione Europea in crisi recessiva e dove le politiche dell’austerity hanno aggravato la già precaria situazione socio-economica, tanto che il governo di Lisbona ha deciso di imporre, tra le altre cose, un prelievo forzoso, il cosiddetto ‘Contributo straordinario di solidarietà’, sui conti di tutti i pensionati.
“In Portogallo? Mi chiedono in tanti stupiti della mia scelta. Lo so, può sembrare strano, ma io qui sono riuscita a trovare subito lavoro – continua Elisa – cosa che invece non ho fatto a Londra, e poi si vive benissimo. A Porto c’è tutto, le persone sono così socievoli che sembra di stare in una grande famiglia, c’è molta tolleranza e disponibilità verso gli altri. E il caffè è buono”.
Elisa ha una laurea in Comunicazione pubblicitaria e nel 2012, dopo gli studi, ha vissuto tre mesi a Porto con il progetto Leonardo da Vinci. Lì ha imparato il portoghese e ha capito che la sua strada non era nel marketing, ma nel bartending.
“Ho fatto un corso da barman a Roma e ho preso un attestato internazionale di american bartending – racconta – avrei potuto continuare a studiare, se avessi voluto, qualcosa da fare l’avrei trovata lo stesso, ma ho preferito la via professionale. Una via che comunque unisce le mie due passioni: la sociologia e i cocktails”.
Oltre a dare ripetizioni d’italiano per l’Istituto di Cultura, Elisa lavora in un bar dove sta importando il modello dell’aperitivo all’italiana: “Qui essere italiano è un brand, è una garanzia di qualità. Se porti nuove idee, uno stile e hai determinate competenze, queste vengono accolte e valorizzate molto più che in Italia. Certo, si guadagna di meno perché in proporzione la vita qui è meno cara, ci vuole un po’ di tempo e soprattutto bisogna abbandonare la vita che si aveva nel proprio paese. Per fare un esempio, la tecnologia in Portogallo è meno avanzata e comunque meno sfruttata; basti pensare che una famiglia di sei persone a mala pena possiede una macchina”.
Com’è realmente la situazione socio-economica ? “È come la si descrive, i salari sono bassi e c’è molta povertà. Le donne lavorano fino a 62 anni e si è addirittura proposto di alzare l’età pensionabile fino a 70. Quello che manca qui è un’educazione scolastica, universitaria. Sono pochi i ragazzi che studiano, la maggior parte inizia a lavorare presto, spesso nell’attività di famiglia. Questo avviene soprattutto al nord, più multiculturale e decadente. Il sud è più ricco, vengono investiti molti fondi europei nel turismo, la principale economia del paese, soprattutto da parte di tedeschi, inglesi e francesi”.
Una scelta diversa, quella di Elisa, che però dimostra come a fuggire non siano soltanto dottorati e laureati, ma anche chi ha una professione fra le mani e l’intraprendenza di portarla avanti.
Qualità che un paese come l’Italia non riesce più a trattenere entro i suoi confini, e fino a quando non ci riuscirà, non ci saranno spending reviews in grado di far ripartire l’economia.