Non ho dubbio alcuno che il malessere del Veneto, e non solo del Veneto, abbia bisogno di risposte politiche e non di azioni repressive.
Non mi convince affatto l’ipotesi che la “Banda della polenta” sia una associazione sovversiva o addirittura una sorta di struttura militare parallela.
Mi auguro che i magistrati abbiano in mano elementi ben più concreti di quelli emersi sino ad oggi. Per altro sarà bene non dimenticare che non pochi di questi “Serenissimi” hanno sostenuto e votato per i peggiori governi della Repubblica e che, senza tante storie, hanno interpretato il ruolo degli ascari nell’esercito di Berlusconi.
Sia come sia, ci piacerebbe sapere perché a costoro viene concesso, sul piano simbolico e linguistico, quello che sarebbe stato negato all’ultimo cittadino della Val di Susa o a un giovane di un qualsiasi centro sociale.
Il segretario della Lega, a Verona, ha chiesto la liberazione degli arrestati, altrimenti “li andremo a liberare noi..”. Provate ad immaginare la stessa frase pronunciata da chiunque altro. Perché la stessa frase urlata in Val di Susa, o a Taranto, o nella Terra dei Fuochi, sarebbe stata considerata gravissima, illegittima, eversiva, ed invece pronunciata a Verona assume il sapore della provocazione, dell’iperbole che trascende il significato letterale?
Del resto quello che oggi viene concesso a Verona, ieri era stato concesso ai “fucili” di Bossi e agli assalti contro i tribunali ispirati dall’ex cavaliere.
Da oggi sarà possible, almeno sul piano mediatico, annunciare anche gli assalti alle carceri, dove, per altro rischiano di finire alcuni amici dei ‘Serenissimi’ per i gioielli spariti e per qualche laurea acquistata.
Gli eredi di Daniele Manin, eroe della storia veneziana, già si preparano a querelare chi dovesse ancora accostare il suo nome a quello di amici ed ex amici della compagnia della “Mutanda Verde“.