Suoni stabili, distinti e chiari che pulsavano in maniera costante e che, quindi, possono essere compatibili con le scatole nere. L’aereo in questione è quello della Malaysia Airlines scomparso lo scorso 8 marzo e che si è inabissato nell’Oceano indiano. A captarli è stata la nave australiana Ocean Shield. “Ora sono ottimista che troveremo il velivolo, o quello che ne è rimasto, in un futuro non troppo distante, ma non lo abbiamo ancora trovato perché è un compito molto impegnativo”, ha detto Angus Houston, il funzionario australiano a capo della missione mirata a ritrovare il volo MH370 nel sud dell’oceano Indiano. La Ocean Shield aveva per la prima volta rilevato un segnale sabato scorso, ma poi lo ha perso e lo ha recuperato appunto solo martedì 8 aprile. La nave è dotata di equipaggiamenti della marina Usa che permettono di captare i segnali acustici, i cosiddetti ping, inviati dalle due scatole nere del Boeing, ossia dal registratore dei dati di volo e dal registratore di voce della cabina di pilotaggio.

Gli analisti, ha proseguito l’ufficiale, “hanno dunque stabilito che non si è trattato di una trasmissione di origini naturali, e che proveniva da un particolare dispositivo elettronico”. Nonostante gli sviluppi positivi, ha avvertito Houston, non si può ancora dire che i ricercatori abbiano individuato la zona in cui si è schiantato il volo. “Penso che stiamo cercando nella zona giusta, ma non sono pronto a dire o a confermare niente finché qualcuno non avrà visto il relitto”, ha dichiarato.

Houston ha ammesso che i ricercatori hanno poco tempo, dato che le batterie delle scatole nere durano circa 30 giorni e ieri ricorreva un mese dalla scomparsa dell’aereo. I segnali captati ieri, ha riferito, erano infatti più deboli e brevi di quelli rilevati nel fine settimana. Captare i segnali e restringere la zona delle ricerche è fondamentale perché a quel punto sarà possibile calare sott’acqua il robot sottomarino Bluefin-21, in grado di creare una mappa sonora dell’area per stabilire dove potrebbero trovarsi i rottami. Quando gli è stato chiesto se il robot potrebbe essere dispiegato già oggi, Houston non ha risposto. “Spero che in qualche giorno saremo in grado di trovare qualcosa sul fondo dell’oceano che potrebbe confermare che si tratta del luogo dell’ultimo riposo del MH370”, si è limitato a dire. Intanto proseguono anche le ricerche di rottami sulla superficie dell’oceano. Quindici aerei e 14 navi stanno percorrendo una zona di 75.427 chilometri quadrati a oltre 2mila chilometri a nordovest di Perth.

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