Falso in bilancio, falso in prospetto, ostacolo alla vigilanza, false comunicazioni sociali e appropriazioni indebite e, per alcuni, anche associazione per delinquere. E’ il ventaglio di reati prospettato per 27 indagati, nei confronti dei quali sono state eseguite dalla guardia di finanza delle perquisizioni domiciliari disposte dalla Procura di Ancona nell’ambito dell’inchiesta su Banca Marche. Inchiesta partita da un doppio esposto dell’istituto di credito, da mesi commissariato da Bankitalia, su alcuni affidamenti milionari “imprudenti”, erogati a imprenditori prevalentemente ma non solo del settore edilizio, spesso in assenza di garanzie sul rimborso oppure con procedure istruttorie incomplete o corredate da perizie non veritiere, o in violazione delle norme interne e di settore.
Una malagestione che avrebbe favorito alcuni imprenditori o gruppi imprenditoriali “amici” nell’erogazione di finanziamenti per centinaia di milioni di euro, ma anche procurato alla banca marchigiana un “rosso” da circa 800 milioni di euro (oltre un miliardo per il bilancio consolidato) finito all’attenzione prima di Bankitalia che ha aperto una procedura di sorveglianza, culminata nel commissariamento, e successivamente della magistratura. Un buco di bilancio che sarebbe stato “coperto” da false informazioni anche alla Consob e a Bankitalia in occasione della proposta di aumento del capitale sociale per 110,5 milioni di euro nel 2012.
La Procura anconetana ipotizza anche che da questo tourbillon di mutui e prestiti sia scaturito in qualche caso un arricchimento personale per alcuni indagati del gruppo Banca Marche, comprendente anche la controllata Medioleasing spa. Nel mirino della magistratura gli ex presidenti Michele Ambrosini e Lauro Costa, l’ex vice presidente Tonino Perini, l’ex direttore generale Massimo Bianconi (oggetto di un’inchiesta di Bankitalia), l’ex vice direttore generale di Banca Marche Stefano Vallesi e l’ex direttore generale di Medioleasing Giuseppe Barchiesi, più altri manager e funzionari, in tutto 15 persone.
Per dodici tra ex vertici e manager dell’istituto di credito marchigiano è scattata l’accusa di associazione per delinquere. Gli altri indagati sono due tecnici esterni che avrebbero effettuato le perizie di comodo e dieci imprenditori, tra cui il costruttore marchigiano Pietro Lanari, il romano Vittorio Casale, Enrico e Giuseppe Calamante, Faustino e Giovanni Filippetti (gruppo Cava Gola della Rossa), i titolari della srl Polo Industriale e altri. Gli accertamenti della Guardia di finanza hanno interessato un periodo che va dal 2006 al 2012, anni in cui secondo le Fiamme Gialle i vertici della banca avrebbero sborsato cifre elevate (oltre 190 milioni di euro per il solo gruppo Lanari) senza troppa vigilanza, segno per gli investigatori dell’esistenza di un gruppo organizzato.
In fase di accertamento i rapporti tra gli indagati e alcuni dei gruppi che avevano ottenuto finanziamenti in relazione all’acquisti di beni immobili. Le perquisizioni di oggi, in particolare, sono state estese alla ricerca di elementi probatori per corroborare l’ipotesi di arricchimento personale. Il caso più clamoroso sarebbe quello di una compravendita di un immobile da sette milioni di euro tra una ditta riconducibile al gruppo Casale e un’azienda di familiari di Bianconi, che passando tramite un finanziamento di banca Tercas e un precedente contratto di locazione per l’immobile avrebbe fruttato all’ex direttore generale un incasso di 13mila euro al mese per 19 anni. Non sono esclusi ulteriori sviluppi, dato è in fase di approfondimento il coinvolgimento di ulteriori gruppi imprenditoriali.