C’è un solo motivo di gioia e ci sono invece tanti motivi di rimpianto nella sentenza della Consulta che questa mattina ha abbattuto in punta di diritto quel poco che era rimasto della legge 40. Il motivo di gioia è semplice ed è visibile a tutti quelli che hanno sempre pensato che la legge sulla Pma fosse una legge stupida, liberticida, figlia di uno Stato immorale che si fa Stato etico e impone ulteriori paletti a chi ha già di suo la sventura di fare i conti con i limiti imposti dal proprio corpo. Una per una, tutte le leggi figlie del berlusconismo sono cadute. Ed è paradossale leggere Maurizio Sacconi affermare che questo prova la “perdita di credibilità” della Consulta. Prova, semmai, il contrario: che ciò che il ventennio berlusconiano ha imposto agli italiani è stato un oscurantismo illegittimo. Illegale la criminalizzazione degli immigrati, illegale la Fini-Giovanardi, illegale la legge 40. E che dire delle battaglie di Beppino Englaro per affermare il diritto a morire di sua figlia Eluana?
Sono tanti e sono strazianti, invece, i rimpianti. Perché a dieci anni dal varo di quella legge, da un referendum incomprensibile dove stravinse un altro oscurantismo – quella della Chiesa – l’Italia si ritrova ad essere un Paese privo di diritti civili, privo di quel welfare laico che dovrebbe accompagnare i cittadini nel loro percorso di sofferenza (la Pma è sofferenza, psichica e fisica, parlatene con qualcuno che l’ha vissuta sulla propria pelle). Un Paese che non tutela le differenze e non assiste i suoi cittadini.
Dico “assiste” con intenzione, perché il percorso nella legge 40 è un percorso irto di ostacoli che lo Stato non solo non ha rimosso, ma ha deliberatamente disseminato lungo la strada delle coppie con problemi di fertilità. Un percorso paradossale in cui si scambia la sofferenza con il capriccio. In cui si mette in discussione l’identità stessa della persona, si sfasciano coppie e si infrangono sogni. E che fa lo Stato, quello stesso Stato che si schiera a favore della famiglia in ogni occasione elettorale? Ti manda all’estero se vuoi l’eterologa, ti impedisce la diagnosi se vuoi un figlio sano, ti impone il numero degli embrioni e sono affari tuoi come va a finire.
Sarebbe “interessante” se qualcuno dei tanti cittadini che in questi dieci anni hanno sbattuto la faccia contro la legge 40 decidesse ora di rivalersi e chiedere finalmente risarcimento della sofferenza patita, degli aerei presi in direzione Barcellona o vattelapesca. Ma è una magra consolazione: la realtà è che ci sono voluti dieci anni per affermare un principio, e che se è successo è solo per l’iniziativa di poche famiglie testarde. Non è successo né per un’onda collettiva di coscienza civile né per la rivoluzione di una classe politica. Al contrario, il quadro elettorale in cui viviamo ci dice che anche questo 2014 si chiuderà senza novità. Chi si affannerà a dare diritti alle coppie non sposate, a dare ordine sul fine vita, a riscrivere una legge sensata sulla Pma con le piccole intese al governo, una legge elettorale e una riforma del Senato da digerire e le elezioni europee alle porte? Nessuno, temo.