Umberto Bossi rinviato a giudizio dal tribunale di Bergamo con l’accusa di aver offeso l’onore e il prestigio del presidente Giorgio Napolitano, oltre che di vilipendio alle istituzioni con l’aggravante della discriminazione etnica.
Il 29 dicembre del 2011, durante un comizio in occasione della Bèrghem Frècc di Albino, il presidente della Lega nord aveva detto: “Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica. Napolitano, Napolitano, nomen omen: non sapevo fosse un terùn…”, facendo anche il gesto delle corna. Dopo numerosi esposti di cittadini, il tribunale di Bergamo ha aperto un’indagine sul Senatur, chiedendo l’autorizzazione a procedere al ministero della Giustizia. Ottenuta con decreto il 15 giugno 2012. Il reato, infatti, rientra tra quelli per cui è necessario il via libera del Guardasigilli. La difesa di Bossi allora aveva invocato il non luogo a procedere. Secondo gli avvocati il leghista era intervenuto in un dibattito pubblico e svolgendo le sue funzioni di parlamentare. Motivazioni però non ritenute fondate dal gip. La vicenda quindi era stata congelata in attesa di un pronunciamento del Parlamento.
La Giunta per le autorizzazioni della Camera, presieduta da Ignazio La Russa, si è riunita per discutere la questione lo scorso 26 marzo, ma ha rinviato la decisione a una seduta successiva. Così, scaduti i termini fissati dalla legge senza che da Montecitorio arrivasse una risposta, il gup ha fissato l’udienza per oggi, giorno del rinvio a giudizio.
Il processo a Umberto Bossi inizierà il 3 febbraio 2015. Si svolgerà davanti a un collegio di giudici perché nelle affermazioni del senatur è stata riconosciuta l’aggravante della discriminazione etnica, in base a una sentenza della V sezione penale della Corte di cassazione del novembre 2011, che ha qualificato il termine “tèrun” come un’espressione con “connotazione odiosamente razzista“.
Il fondatore della Lega è già stato processato e assolto per vilipendio al capo dello Stato nel 1998. Allora il Senatur aveva offeso il presidente Oscar Luigi Scalfaro. Il tribunale di Milano però aveva riconosciuto l’insindacabilità delle opinioni espresse. In Cassazione invece, il 15 giugno del 2007, è stata confermata la condanna per vilipendio alla bandiera nei confronti del Umberto Bossi. Il politico leghista era stato condannato in primo grado dal tribunale di Cantù, il 23 maggio 2001, ad un anno e quattro mesi per avere pronunciato frasi offensive sul Tricolore nel luglio 1997. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 14 novembre 2006, aveva commutato la condanna in una multa di tremila euro concedendo la sospensione condizionale della pena.