L’autorità del Bayern Monaco e il calcio fisico dell’Atletico Madrid sono gli ultimi due tasselli che compongono il puzzle delle semifinali di Champions League. Sulla strada che porta alla finale di Lisbona, tedeschi e spagnoli buttano fuori Manchester United e Barcellona delineando con Chelsea e Real Madrid un quartetto dove si incrociano novità e tradizione, sfide nelle sfide, record da proseguire e un possibile derby stellare che in Europa manca dalla fine degli anni ’50. E’ una delle Champions più spettacolari degli ultimi anni, nella quale i club italiani hanno svolto un ruolo marginale ma dove la tradizione della Serie A si riverbera sulle panchine. I quattro allenatori che s’incroceranno – come si saprà domani dopo il sorteggio di Nyon – hanno tutti un forte legame con l’Italia: Ancelotti qui è nato e ha costruito tutta la sua carriera, Mourinho è stato l’ultimo lampo di respiro mondiale, Guardiola e Simeone sono stati protagonisti più o meno a lungo in A. Ora spiegano calcio all’Europa, tutti oltre le Alpi. Un segno di quanto il baricentro della geopolitica calcistica non sia più il nostro Paese.
IL SONDAGGIO – Dimissioni del presidente per il caso Neymar, mercato bloccato dalla Fifa per lo scandalo dei giocatori under e, ieri, l’eliminazione dalla Champions.
ATLETICO, LA NOVITA’ – Tra le nuove potenze europee spicca l’Atletico Madrid, che torna tra le quattro grandi del continente dopo 40 anni. Il merito è in buona parte di Diego Pablo Simeone. Durante i suoi anni in Serie A tra Pisa, Inter e Lazio, ha compreso quanto sia importante l’organizzazione difensiva facendone uno dei tratti più marcati della sua banda. Pressing, sacrificio, corsa e fisico sono gli altri quattro ingredienti che fanno dell’Atletico una squadra a immagine e somiglianza del suo allenatore. El Cholo partecipa e accompagna dalla panchina, vivendo la partita assieme a uno stadio già pazzo di lui ai tempi in cui indossava magliette e pantaloncini. Ha sbattuto fuori con pieno merito il Barcellona, sempre tra le quattro principesse negli ultimi 6 anni, e anestetizzato Messi (non segna ai Colchoneros da cinque partite) incrinando forse in maniera definitiva la potenza del club blaugrana che tra mancati risultati sportivi e scandali dirigenziali rischia di chiudere l’anno senza titoli e con l’impossibilità di fare mercato per rilanciare. L’Atletico è primo nella Liga e lo scontro diretto con il Barca, Real permettendo, è fissato all’ultima giornata: Simeone può sbriciolare le ultime certezze catalane e certificare il fallimento di Tata Martino.
BAYERN: DERVISCI E CARRI ARMATI – Chi ha costruito il regno blaugrana invece è sempre lì. Pep Guardiola ha conquistato la quinta semifinale su altrettante stagioni da allenatore, un record che non può essere spiegato solo con la qualità che ha avuto e ha a disposizione. Quest’anno aveva il quarto di finale più abbordabile e allena la squadra più completa. Però se dopo il trionfo dello scorso anno il Bayern Monaco è ancora in corsa, con numeri addirittura migliori della gestione Heynckes, il merito è suo. Mentale, soprattutto. Anche perché ha convinto i campioni d’Europa a giocare come piace a lui: fitta rete di passaggi, gran possesso palla, movimento perenne e a volte quell’infinito gigioneggiare al limite dell’area che è la firma d’autore (e forse l’unico limite) del calcio di Guardiola. E ha rischiato di trasformarsi in una trappola mortale ieri sera, con il Manchester pronto a colpire dopo essersi coperto riducendo al minimo i rischi in difesa. Solo che il Bayern era ed è anche una squadra dall’impatto fisico travolgente. Sotto nel punteggio e virtualmente eliminati, Robben e compagni ci hanno messo meno di un giro di orologio a smettere i panni dei dervisci roteanti e riscoprire la loro anima teutonica, azionando il cingolato per schiacciare lo United: risultato ribaltato e tedeschi ancora in corsa per chiudere la stagione con cinque titoli.
SEMIFINALI ‘LATINE’ – In semifinale ci arrivano così un italiano, uno spagnolo, un portoghese e un argentino. Sembra l’inizio di una barzelletta, invece è l’affermazione della tradizione latina nel calcio europeo nell’anno dei mondiali. In semifinale si scontreranno approcci profondamente diversi con un’anima non solo geografica comune. Quali saranno gli incroci, lo deciderà l’urna di Nyon domani a mezzogiorno: gli accoppiamenti suggestivi abbondano. Il derby di Madrid innanzitutto. Sarebbe un pezzo di storia, già sperimentato nella stagione ‘58/ 59. Allora vinsero i Blancos, quest’anno il passaggio del turno sarebbe incerto anche se Ancelotti ha strapazzato la squadra di Simeone nelle semifinali di Coppa del Re (3-0, 2-0). Se Real e Atletico si ritrovassero di fronte, dall’altra parte si concretizzerebbe il faccia a faccia tra Mourinho e Guardiola, dopo l’antipasto di agosto nella Supercoppa Europea portata a casa da Pep. Altra semifinale pirotecnica sarebbe Real–Chelsea, con il ritorno dello Special One al Santiago Bernabeu, l’unico stadio della sua vita dove ha vinto sì ma meno del previsto e senza che scoppiasse mai empatia con squadra, società e pubblico. Forse normale per un allenatore la cui indole tende a creare nemici e imboscate lungo il tragitto: una narrazione difficile da costruire nella sede per eccellenza del potere calcistico mondiale. Spettatore non protagonista sulle poltrone di periferia del pallone europeo, al fantozziano calcio italiano non resta che mettere in ghiaccio la birra e godersi lo spettacolo.