Salone del mobile

Trash-chic, travolti da un’ondata di “Design week”: istruzioni per sopravvivere

Il primo giorno me ne torno a casa con dieci chili di carta, fra press kit, brochure promozionali e gadget. Mappe della città divisa in: design route, artisanal route, cultural route and gourmet route: non ci capisco una mazza. La Design week va in scena a Milano fino al 13 aprile

Il primo giorno me ne torno a casa con dieci chili di carta, fra press kit, brochure promozionali e gadget. Mappe della città divisa in: design route, artisanal route, cultural route and gourmet route: non ci capisco una mazza. La Design week va in scena a Milano fino al 13 aprile (una volta si chiamava Salone del mobile e faceva tanto fiera di paese).

Ecco le istruzioni per sopravvivere. Mai andare all’orario segnato sull’invito. E’ vero che un salatino e un vino sfiatato è garantito, ma gli accorti promoter event convocano la massa di vip e svippati, mettiamo dalle 18 alle 20, per punirli e metterli in fila. Chi vede la fila, si incuriosisce e si mette in fila pure lui e, la fila, diventa chilometrica. Regge fino a mezzanotte per ammirare i lampadari di cristallo Baccarat disegnati da Philippe Starck.

Comincio da Massimo Listri, il fotografo cult e cosmopolita, le sue chiese antiche, i suoi colonnati settecenteschi, le sue volte scenografiche (formato gigante) su un display di 1700 metri quadrati hanno ispirato il duo olandese di Moooi (che come brochure omaggia un poster).

Gli strateghi dell’arredamento Marcel Wanders e Casper Wisser hanno praticamente installato una mostra nella mostra. Footstool, longchair, paper desk, sideboard… Chi non parla inglese è praticamente tagliato fuori.

Passo da Peugeot. Duecento anni d’industrial design ora prestato al concept di Design Lab con sedute in granito e in quarzo rosa, tutti pezzi unici che costano la sciocchezza di 140mila euro. Ma fanno anche surf in carbonio. Nel loro lounge, sotto un reticolato fluorescente che buca l’oscurità, un pianoforte a coda aerodinamico (sembra la prua di un offshore) diffonde note di Chopin. Non mi lasciano entrare da Samsung, ho sbagliato orario. Faccio acrobazie per trovare un taxi e mi dirotto da Carla Milesi, artista del cemento, che il multitasking John Malkovich, attore e designer lui stesso, giudica: “Un’artista molto delicata”.

Alla Galleria Otto Zoo (via Vigevano 8) espone “Picnic on the rock”, una suggestiva installazione in cemento ispirato al “Dejeuner sur l’herbe” di Manet. Carla è sempre stata “una avanti” e nel 1987 fondò Concreta, un laboratorio di ricerca dove sperimentavano sulla materia prima anche Starck, Mendini, Sottsass, Citterio. Fra i fan di Carla, Giorgio Forattini che non risparmia picconate contro Renzi: “Un pinocchio della politica”. E anticipa il suo prossimo libro, il cinquantasettesimo, titolo provvisorio: “C’era una volta un pezzo di legno…”.

Il parto creativo di Michele Iodice, napoletano, e di Barbara Lambrecht, tedesca con accento partenopeo, si chiama “Bar-lu-mi”. L’idea è semplice e geniale, si tratta di paralumi plasmabili e modellabili, praticamente un fai da te creando un gioco di luci e ombre. Li vado a trovare in Fiera e non resisto all’istinto di darmela a gambe. La ressa è da metropolitana all’ora di punta. Mi rifugio da Larte, ristorante di design e galleria d’arte fusi insieme, per ritrovare uno slancio innovativo nella collezione di oggetti ricavati da tappi di sughero. Le chourette speravano di tuffarsi nell’occhio blu di Tonino Cacace, il patron con il pallino dell’arte, che invece se ne è rimasto a Capri. Cerco di imbucarmi da Emilio Pucci sono una follower delle sue stampe geometriche prestate agli arredi.

È il debutto di Valentina (Zuanon) 24 anni e di Massimo (Santi) 25 anni, entrambi padovani che al Nido (Temporary shop in via Savona 35) espongono la loro collezione “Prayers & Santi”. La prima cuce preghiere in latino su piumini soffici e fiorati, il secondo abbina gourmandise speziate e musica ambient. Tutto in chiave eco-friendly. Come la poltrona Re-vive di Natuzzi, ergonomica che si adatta al corpo, nella quale sprofondo per farmi massaggiare le mani da una sapiente signorina. Cosa c’entra Lancome con la valanga design? Mi metto in fila alla Rinascente (e ne vale la pena ) per immergermi nella Cabine Absolue Experience e farmi coccolare in una full immersion sensoriale che gli strateghi della bellezza hanno chiamato “Design your skincare”. Se la facciata crolla, c’è chi me la tira su.
Non ne posso più e scappo a Palazzo Reale per rifarmi gli occhi con Gustav Klimt con “ Alle origini di un mito”. Che Jugendtstyl! Domani si ricomincia.
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