Il verbale del consigliere comunale Pdl di Napoli, arrestato a marzo con l’accusa di aver comprato consensi per le elezioni politiche: "Si parlava di spese per la campagna elettorale, li tenevo tutti addosso perché i soldi del partito non arrivavano mai..."
L’ossessione era una sola: i soldi. I soldi che non bastavano per i manifesti e i facsimile. I soldi che non arrivavano mai. I soldi che avrebbe dovuto bonificare Gianpiero Samorì dal quartier generale del Mir. I soldi reclamati in continuazione da amici e galoppini di Gennaro Castiello, il consigliere comunale Pdl di Napoli numero 2 della lista Mir per la Camera in Campania 1 alle ultime elezioni politiche, arrestato nell’ambito di un’inchiesta del pm Giancarlo Novelli sul voto di scambio e sull’acquisto di consensi a 50 euro a testa per il Mir nei quartieri più poveri e degradati della città.
E’ un’ossessione che Castiello descrive durante l’interrogatorio di garanzia del Gip Tommaso Miranda, un documento inedito che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare. Il consigliere comunale, attualmente sottoposto all’obbligo di firma, si lascia andare a confidenze e riflessioni che illuminano l’area grigia delle campagne elettorali intese come ricerca di puro consenso, senza idee politiche di fondo. Spiega come consiglieri di municipalità e politici locali di piccolo cabotaggio si riuniscono a tavolino per decidere a chi affidare e a che condizioni le proprie candidature e i propri pacchetti di preferenze. E come ci si tutela di fronte alle conseguenze ‘economiche’ di una campagna dispendiosa. Con un particolare che a posteriori fa sorridere, viste le microscopiche percentuali ottenute: un candidato Mir di Campania 2 avrebbe detto a Castiello di avere in tasca una scrittura privata da Samorì con tanto di fidejussione; se il parlamentare fosse scattato a Campania 2 e Samorì non si fosse dimesso, lo avrebbe risarcito per la mancata elezione.
Bisogna chiarire subito che Castiello respinge le accuse di aver comprato voti in giro, e che Samorì non è coinvolto e tantomeno indagato nell’indagine napoletana. Il fondatore del Mir, minipartito nato per le politiche che poi è riuscito a sedersi al tavolo della spartizione dei ruoli di governo ottenendo un sottosegretariato del governo Letta per il fidanzato della nipote, viene tirato in ballo da Castiello solo come interlocutore politico. Tra i due, peraltro, non c’erano e non ci sono particolari rapporti. Castiello non conosceva Samorì prima della nascita del Mir. Ora che lo ha conosciuto lo definisce così a verbale: “Personaggio un po’ particolare, molto presuntuoso”. Precisa che fu un comune amico, l’ex consigliere regionale Smimmero, a metterli in contatto e a convincere Castiello a partecipare alla convention di novembre a Chianciano (all’epoca Samorì era candidato alle mai tenute primarie del Pdl) e ad aderire al progetto. Motivo? “Per creare una fase critica nel centrodestra, Samorì si esponeva contro l’allora dirigenza del Pdl ed io la ripetevo a livello locale, ero già in frizione col Pdl cittadino”. Poi rivela un fatto curioso: quando trapela la notizia che lui sarà il numero 2 della lista, uno stretto collaboratore di Samorì, Amedeo Giglio, si lamenta. Ci sperava lui. Allora Samorì convoca Castiello nel suo ufficio a Roma: “Trovo questo dottore Giglio già seduto nella stanza. Samorì si alza, mi saluta affettuosamente, poi esce e ci chiude dentro a chiave: ‘Tanto vi apro quando avete sciolto la riserva’”. Non ci sarà chiarimento. Ma era tutto già deciso.
Castiello ha problemi economici seri, un’azienda decotta, è protestato, non può emettere assegni. I magistrati lo sanno, e lui comunque lo sottolinea nell’interrogatorio. “Tanto loro garantivano”. Cosa? Le spese per la campagna elettorale. “Lui (Samorì, ndr) diceva che avrebbe investito dieci milioni di euro”. E chi li ha visti? C’è un’intercettazione in cui Castiello accompagna un suo sodale in banca e lo invita a fornire l’Iban al direttore. Per i pm è la prova della compravendita di un tot di voti. Castiello lo spiega diversamente, dice che era un modo “per tenerlo buono, non lavorava da sei mesi” e si stava impegnando molto per sostenere la sua candidatura. Ma il problema era a monte. Per i soldi assicurati dal Mir e non pervenuti. Di qui le proteste di Castiello con Giglio. “Gli dicevo: Amedeo, scusate, ma qua che si fa? Io ho tutti quanti addosso”. “No quello Giampiero viene oggi, viene domani… poi domani viene il vicario… noi faremo dei bonifici”. “Morale della favola – conclude – a me questo bonifico non è mai arrivato e io non l’ho mai potuto rigirare”.
Castiello racconta perché i consiglieri locali come lui si candidano o fanno campagna nelle liste ‘piccole’ o in quelle dove sono previste preferenze personali: “Volevo testare la mia squadra per il futuro”. Puntava alle elezioni regionali. Sulla parte più scabrosa delle accuse, quella relativa alle intercettazioni dove i suoi collaboratori mettono in relazione i soldi con i voti (“20-30 euro a voto..” “questo porta 50 voti…”), Castiello spiega che non può stare nella testa di chi parla e lo interpreta come un “sondaggio preliminare” su quanti voti si possono spostare in un quartiere attraverso una intensa campagna elettorale che produce spese. Una sorta di ‘costo-contatto’. Come nei call center. Oppure, più prosaicamente: quei soldi erano la pretesa economica del galoppino. Sarebbero finiti nelle sue tasche. Non in quelle degli elettori. Alla fine arriverà un bonifico di 20.000 euro. Coprirà a malapena le fatture per gli spot televisivi. Castiello dice di aver speso personalmente circa 2.300 euro.
Esilarante poi la descrizione di un’iniziativa pre elettorale in Campania. Castiello dice che si concluse con la processione dei consiglieri comunali da Samorì per lamentarsi dei costi, e lui che rispondeva: “Non vi preoccupate, non vi preoccupate”. Quell’evento fu pagato dall’organizzatore, e non dal Mir come pattuito.