Da più di dieci anni il Comune di Cagliari finanzia con contributi a fondo perduto, cosiddetti “de minimis”, la costituzione di nuove imprese. “De minimis” significa che si utilizza una procedura per cui l’Unione Europea, riconoscendo la limitatezza del contributo, non accusa lo stato di violare le regole sugli aiuti di stato e, quindi, non procede ad alcuna procedura di infrazione.
Dal 2002 ad oggi sono stati investiti più di 10 milioni di euro. Non sono chiari i risultati. Un comune confinante, Quartu S. Elena, ha svolto una valutazione scientificamente fondata sulle reali ricadute dei contributi, e sulla loro utilità.
Alcuni dati sul comune di Cagliari, tuttavia, parlano da soli.
Su 349 contratti stipulati, 154 non hanno sicuramente prodotto gli effetti sperati. Tra contratti annullati, revoche e rinunce, siamo al 44 per cento dei contratti complessivamente stipulati. I fondi o non sono sati spesi o sono stati spesi male.
Non esiste una valutazione degli effetti di queste ingenti cifre. Durante i colloqui informali con i funzionari ed i dirigenti che hanno seguito i bandi prevale lo scetticismo. Non si sa se e quanti posti di lavoro siano stati creati e se, ad esempio, vi è stato il cosiddetto “effetto spiazzamento” (quello per cui un’impresa prevale sull’altra solamente perché ha usufruito di un finanziamento pubblico). Non si sa in quali settori si è intervenuto, anche se sappiamo che prevalgono settori a basso contenuto innovativo. Soldi pubblici per una pizzeria, una gelateria o un’attività simile, insomma.
Si condividono le preoccupazioni espresse dallo studio già citato: “In generale, queste analisi suggeriscono che l’efficacia delle politiche dipende anche dalla capacità del policy maker di effettuare scelte di intervento mirate, che definiscano con chiarezza il tipo di “malattia” sociale che si intende curare, la “medicina” e i “pazienti da sottoporre alle cure”. L’indeterminatezza iniziale può creare problemi nell’implementazione della politica poiché lascia spazio a interpretazioni e azioni non sempre coerenti con gli obiettivi di partenza posti con esiti non ottimali. Inoltre, l’indeterminatezza e la vaghezza degli obiettivi rende sempre una politica poco valutabile” (Censloc, Politiche per lo sviluppo locale – La valutazione degli effetti degli aiuti “De Minimis” nel Comune di Quartu S. Elena, Cagliari 2012, p. 120).
Da qualche settimana è stata presentata la graduatoria per il bando “De minimis” ultimo. Le domande sono state tantissime e la ragione sta nella crisi che fa diventare tutti possibili imprenditori di se stessi, non nella volontà di aprirsi un’azienda. Si è proceduto ad una specificazione maggiore dei settori produttivi ammessi ai quali riconoscere il massimo del punteggio, ed anche in altri aspetti il bando è migliorato, anche se in modo parziale.
Cosa succederà ora? Moltissimi operatori segnalano una fortissima difficoltà ad ottenere la fidejussione bancaria. Il rischio è una ecatombe di rinunce ancor prima di cominciare.
In generale, sono necessarie serie politiche valutative. Non possiamo, in ogni comune, investire decine di milioni di euro in iniziative che, se ben calibrate, avrebbero potuto creare un risultato occupazionale doppio o triplo.
È necessaria, inoltre, una forte attività di accompagnamento. Vi è sia una totale incapacità di gestire una impresa da parte di tanti tra coloro che presentano le domande, sia il mito dell’imprenditore “che ci sa fare”, quello che frega un po’ tutti e raccimola denaro in poco tempo.
In tantissimi bandi, sia “de minimis” che di microcredito, è necessaria l’attività di accompagnamento, soprattutto nella fase precedente l’erogazione del finanziamento. Questa attività è tanto necessaria quanto carente. Da questo punto di vista, le esperienze virtuose di realtà come Banca Etica, ancora piccola ma in via di forte espansione, devono essere massimamente valorizzate.