Sgravi fiscali per i redditi più bassi, riduzione delle imposte sulle imprese, dichiarazioni più o meno ambigue sul fatto che la soglia del 3% del Pil per il deficit pubblico non deve rappresentare un dogma: stiamo parlando di Matteo Renzi, del Def e delle prime misure del suo governo? No, è la sintesi della politica annunciata martedì da Manuel Valls, neopremier francese, davanti all’Assemblea nazionale, prima di ottenere la fiducia (scontata) per il suo esecutivo. Da quando l’uomo politico è stato nominato primo ministro da François Hollande, dopo la disfatta dei socialisti alle ultime municipali, il nome di Matteo Renzi risuona sulle bocche di tanti politici della gauche. Sì, l’esempio da seguire, il suo attivismo, le sue idee: per salvare in Francia il destino del Partito socialista e della sinistra in generale. E di un presidente accusato di immobilismo di fronte a un’economia in panne.
Quello che stupisce è che l’esempio di Renzi è stato evocato non solo dai rappresentanti più moderati del Ps (anche Valls fa parte di quella famiglia politica) ma perfino da Benoit Hamon, leader dell’ala di sinistra del partito, da poco ministro dell’Educazione nazionale. Del Renzi-pensiero, però, si dribblano alcuni temi, come il taglio al numero di dipendenti pubblici che comporterebbe snellimenti amministrativi già prospettati a Parigi sull’esempio italiano. Infatti la funzione pubblica per la sinistra francese resta un tabù e il principale serbatoio di voti. E anche nella retorica il premier francese sembra aver preso ispirazione da Renzi (“Troppe sofferenze, non abbastanza speranze: questa è la situazione oggi della Francia”).
Valls procederà da una parte a un pacchetto di sgravi fiscali a favore dei salari più modesti: in particolare verranno ridotti i contributi sociali pagati dai lavoratori che ricevono l’equivalente dello Smic (il salario minimo fissato dallo Stato) o poco sopra, sempre più numerosi. Queste misure saranno applicate già nelle prossime settimane, al pari di altre che, invece, andranno a beneficio degli imprenditori, che non pagheranno più i contributi sociali sui lavoratori che ricevono lo Smic o redditi, comunque, bassi, sotto una certa soglia.
Valls ha anche promesso di ridurre progressivamente l’equivalente francese della nostra Irap, l’imposta sulle società, che Oltralpe è fra le più alte d’Europa, per portarla al 28% entro il 2020. Insomma, da una parte ridurre il cuneo fiscale per favorire i lavoratori più “poveri”, dall’altra alleggerire il costo del lavoro per le aziende. Per completare la traduzione in salsa francese del Renzi-pensiero, Valls si sta muovendo anche su quello che a Parigi viene definito il “millefoglie territoriale”, la struttura amministrativa estremamente complessa e costosa della Francia. Ebbene, le regioni verranno dimezzate entro il 2017 e i départements, le province, eliminate entro il 2021. Inoltre, il premier francese ha evocato “la crescita, non l’austerità“, mettendosi anche qui in linea con le posizioni di Renzi.
Come per l’Italia, anche per la Francia (e ancora di più, visti i livelli di deficit pubblico) queste nuove misure avranno riflessi immediati sulle promesse fatte a Bruxelles in quanto a tenuta delle finanze pubbliche. Il deficit pubblico francese ha terminato il 2013 a quota 4,3% del Pil, il Prodotto interno lordo, al di sopra della fatidica soglia del 3% e al di là delle stesse previsioni dell’esecutivo. A fine 2014 è stimato al 3,6%, mentre nel 2015 si dovrebbe rientrare nei ranghi (2,8%). Ma dopo gli annunci di Valls, ormai non ci crede più nessuno. Parigi aveva già previsto una riduzione del costo del lavoro pari a 30 miliardi di euro entro il 2016, ma con i nuovi sgravi di Valls la somma lieviterà. Lui non ha indicato ancora una cifra precisa, ma si stimano 15 miliardi aggiuntivi. Nel frattempo il premier ha confermato l’obiettivo già fissato di un taglio di 50 miliardi di spesa pubblica, alimentati da una razionalizzazione come quella relativa al dimezzamento delle regioni e all’eliminazione delle province, anche se i tempi di queste misure appaiono terribilmente lenti.
Insomma, l’austerità traballa a Parigi. E, tanto per cominciare, Valls inizierà subito prima dell’estate con una minifinanziaria d’urgenza per il 2014. La Renzi-mania in Francia sta contagiando molti esponenti della sinistra. Ma il primo ad aver indicato il premier italiano come un esempio da seguire è stato il “banchiere rosso“, Matthieu Pigasse, alla guida della banca Lazard, personaggio molto influente e finanziatore della sinistra. Sempre più critico nei confronti di Hollande, nei giorni scorsi Pigasse ha detto riguardo a Renzi: “Ha avuto il coraggio di agire invece di restare inebetito come un coniglio, preso in flagrante dai fari di un’automobile”.