Per impedire la costruzione di una centrale a biogas a Goro, in provincia di Ferrara, nel cuore del parco del Delta del Po, comitati e cittadini le avevano provate tutte. Avevano organizzato incontri con esperti e associazioni ambientaliste, raccolto migliaia di firme, manifestato. I commercianti avevano chiuso i loro negozi in segno di protesta, i pescatori lasciato le barche ormeggiate al porto. Ma alla fine la battaglia l’hanno vinta: la centrale di Goro, infatti, non si farà. L’annuncio è arrivato al termine di una giornata di manifestazione organizzata il 9 aprile scorso a Ferrara dal comitato Antibiogas di Goro, in concomitanza con la terza Conferenza dei Servizi convocata dalla Provincia estense per discutere del progetto presentato tre anni fa da Energenesi Ambiente di Forlì. Questo il verdetto del consiglio: l’autorizzazione a costruire l’impianto a biogas per la produzione di energia elettrica, affacciato sulle acque di un parco naturale, quello del Delta del Po, che dal 1999 è considerato dall’Unesco patrimonio dell’umanità, non sarà concessa.
Un passo indietro, quello delle istituzioni, che almeno inizialmente il progetto l’avevano approvato. Il Comune di Goro, infatti, aveva definito la centrale a biogas “di interesse pubblico”, e a marzo si era detto favorevole al rilascio del permesso edilizio in deroga alle norme che tutelano il parco naturale, norme europee, un documento necessario alla Conferenza dei Servizi che poi si sarebbe dovuta concludere con il rilascio dell’autorizzazione unica a costruire da parte della Provincia di Ferrara. Sono state le associazioni di categoria a fermare l’iter dei permessi. Prima i pescatori, che avrebbero dovuto fornire materialmente quelle alghe necessarie ad alimentare, almeno in parte, la centrale di Goro, poi i cittadini, che in poche ore hanno raccolto un migliaio di firme recapitate immediatamente sul tavolo dell’amministrazione di Goro guidata dal sindaco Diego Viviani, e infine i comitati Terra e Vita Onlus, e Antibiogas, che per bloccare il progetto hanno raccolto il sostegno di Legambiente e Wwf.
“A parte il fatto che non siamo stati tempestivamente informati del progetto, presentato tre anni fa – spiegano gli attivisti di Antibiogas a Goro – la costruzione di una centrale a biogas in un’area protetta era totalmente incompatibile con il territorio dove avrebbe dovuto essere inserita, presentava rischi enormi”. Come l’inquinamento acustico generato dal transito dei camion diretti all’impianto, la possibilità che si creassero problemi di balneazione in una zona altamente turistica, e poi, ovviamente, l’impatto sull’ambiente, punto centrale delle obiezioni sollevate dai cittadini contrari al progetto. “Dall’esame dei documenti presentati da Energenesi Ambiente non risulta nemmeno che sia stata presa in considerazione la fascia di rispetto alla linea di costa – spiega il medico igienista Luigi Gasparini, esperto di tematiche ambientali – o il rischio medio – alto di esondazione delle acque, che provocherebbe severe e irreversibili contaminazioni in un ecosistema fragile e dinamico come quello del Delta. Senza contare, poi, la possibilità che si verifichino incidenti prima e durante l’esercizio dell’impianto, come esplosioni, dilavamento di rifiuti, sversamenti abusivi e/o accidentali di sostanze liquide pericolose, ad esempio il digestato maturo e immaturo, che contiene microrganismi che potrebbero a loro volta danneggiare l’ecosistema e la fauna locale e migrante”. E ancora, oltre alla deturpazione del territorio, bisogna considerare le colture: le coltivazioni prodotte nella zona del Delta sono biologiche, “poco compatibile con un impianto a biogas”.
“Il Bacino Burana – Volano, che scarica nelle acque della Sacca di Goro, è stato dichiarato area ad alta crisi di rischio ambientale – sottolinea quindi Gasparini – e per risanarla, evitando così la proliferazione massiccia delle alghe, una delle motivazioni addotte alla costruzione della centrale, bisognerebbe, come minimo, rispettare la direttiva della Comunità economica europea del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, e non chiedere all’Europa, come si voleva fare, una deroga”.
La battaglia contro la centrale, certo, non è ancora finita. Energenesi Ambiente, infatti, potrebbe procedere sulla via del ricorso in tribunale, e a quel punto il diniego all’autorizzazione ufficializzato dalla Provincia di Ferrara in Conferenza Servizi potrebbe essere respinto. Tuttavia, i comitati e i cittadini festeggiano il dietrofront delle istituzioni, e promettono: “Seguiremo l’iter passo dopo passo”. Un finale diverso, insomma, rispetto a quello incassato a pochi chilometri di distanza dalla comunità di Russi, in provincia di Ravenna, che presto dovrà fare i conti con la nuova centrale a biomasse ricostruita sul vecchio zuccherificio Eridania. In quel caso l’opposizione al progetto era stata supportata da buona parte dei partiti politici eletti in Regione Emilia Romagna, Italia Dei Valori, Movimento 5 Stelle, Lega Nord, Sel e Verdi, Federazione della Sinistra e Popolo della libertà, ma il Pd l’aveva mandato a vanti a colpi di maggioranza perchè chiave, secondo la giunta cittadina guidata dal sindaco Sergio Retini, della ripresa economica del territorio. A Goro, invece, il ‘no’ al biogas di Vivani ha alle spalle l’unanimità del Consiglio comunale e provinciale. “E se Energenesi Ambiente – assicura il sindaco di Goro – dovesse ricorrere in tribunale la affronteremo nelle sedi dovute”.
Emilia Romagna
Biogas, a Goro vincono i cittadini. Stop delle istituzioni, la centrale non si farà
Contro l'impianto in provincia di Ferrara, nel cuore del parco del Delta del Po, comitati e cittadini hanno manifestato per anni. Mentre era in corso una protesta per le vie della città, il consiglio della Conferenza dei Servizi convocato dalla Provincia ha annunciato che il progetto sarà sospeso
Per impedire la costruzione di una centrale a biogas a Goro, in provincia di Ferrara, nel cuore del parco del Delta del Po, comitati e cittadini le avevano provate tutte. Avevano organizzato incontri con esperti e associazioni ambientaliste, raccolto migliaia di firme, manifestato. I commercianti avevano chiuso i loro negozi in segno di protesta, i pescatori lasciato le barche ormeggiate al porto. Ma alla fine la battaglia l’hanno vinta: la centrale di Goro, infatti, non si farà. L’annuncio è arrivato al termine di una giornata di manifestazione organizzata il 9 aprile scorso a Ferrara dal comitato Antibiogas di Goro, in concomitanza con la terza Conferenza dei Servizi convocata dalla Provincia estense per discutere del progetto presentato tre anni fa da Energenesi Ambiente di Forlì. Questo il verdetto del consiglio: l’autorizzazione a costruire l’impianto a biogas per la produzione di energia elettrica, affacciato sulle acque di un parco naturale, quello del Delta del Po, che dal 1999 è considerato dall’Unesco patrimonio dell’umanità, non sarà concessa.
Un passo indietro, quello delle istituzioni, che almeno inizialmente il progetto l’avevano approvato. Il Comune di Goro, infatti, aveva definito la centrale a biogas “di interesse pubblico”, e a marzo si era detto favorevole al rilascio del permesso edilizio in deroga alle norme che tutelano il parco naturale, norme europee, un documento necessario alla Conferenza dei Servizi che poi si sarebbe dovuta concludere con il rilascio dell’autorizzazione unica a costruire da parte della Provincia di Ferrara. Sono state le associazioni di categoria a fermare l’iter dei permessi. Prima i pescatori, che avrebbero dovuto fornire materialmente quelle alghe necessarie ad alimentare, almeno in parte, la centrale di Goro, poi i cittadini, che in poche ore hanno raccolto un migliaio di firme recapitate immediatamente sul tavolo dell’amministrazione di Goro guidata dal sindaco Diego Viviani, e infine i comitati Terra e Vita Onlus, e Antibiogas, che per bloccare il progetto hanno raccolto il sostegno di Legambiente e Wwf.
“A parte il fatto che non siamo stati tempestivamente informati del progetto, presentato tre anni fa – spiegano gli attivisti di Antibiogas a Goro – la costruzione di una centrale a biogas in un’area protetta era totalmente incompatibile con il territorio dove avrebbe dovuto essere inserita, presentava rischi enormi”. Come l’inquinamento acustico generato dal transito dei camion diretti all’impianto, la possibilità che si creassero problemi di balneazione in una zona altamente turistica, e poi, ovviamente, l’impatto sull’ambiente, punto centrale delle obiezioni sollevate dai cittadini contrari al progetto. “Dall’esame dei documenti presentati da Energenesi Ambiente non risulta nemmeno che sia stata presa in considerazione la fascia di rispetto alla linea di costa – spiega il medico igienista Luigi Gasparini, esperto di tematiche ambientali – o il rischio medio – alto di esondazione delle acque, che provocherebbe severe e irreversibili contaminazioni in un ecosistema fragile e dinamico come quello del Delta. Senza contare, poi, la possibilità che si verifichino incidenti prima e durante l’esercizio dell’impianto, come esplosioni, dilavamento di rifiuti, sversamenti abusivi e/o accidentali di sostanze liquide pericolose, ad esempio il digestato maturo e immaturo, che contiene microrganismi che potrebbero a loro volta danneggiare l’ecosistema e la fauna locale e migrante”. E ancora, oltre alla deturpazione del territorio, bisogna considerare le colture: le coltivazioni prodotte nella zona del Delta sono biologiche, “poco compatibile con un impianto a biogas”.
“Il Bacino Burana – Volano, che scarica nelle acque della Sacca di Goro, è stato dichiarato area ad alta crisi di rischio ambientale – sottolinea quindi Gasparini – e per risanarla, evitando così la proliferazione massiccia delle alghe, una delle motivazioni addotte alla costruzione della centrale, bisognerebbe, come minimo, rispettare la direttiva della Comunità economica europea del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, e non chiedere all’Europa, come si voleva fare, una deroga”.
La battaglia contro la centrale, certo, non è ancora finita. Energenesi Ambiente, infatti, potrebbe procedere sulla via del ricorso in tribunale, e a quel punto il diniego all’autorizzazione ufficializzato dalla Provincia di Ferrara in Conferenza Servizi potrebbe essere respinto. Tuttavia, i comitati e i cittadini festeggiano il dietrofront delle istituzioni, e promettono: “Seguiremo l’iter passo dopo passo”. Un finale diverso, insomma, rispetto a quello incassato a pochi chilometri di distanza dalla comunità di Russi, in provincia di Ravenna, che presto dovrà fare i conti con la nuova centrale a biomasse ricostruita sul vecchio zuccherificio Eridania. In quel caso l’opposizione al progetto era stata supportata da buona parte dei partiti politici eletti in Regione Emilia Romagna, Italia Dei Valori, Movimento 5 Stelle, Lega Nord, Sel e Verdi, Federazione della Sinistra e Popolo della libertà, ma il Pd l’aveva mandato a vanti a colpi di maggioranza perchè chiave, secondo la giunta cittadina guidata dal sindaco Sergio Retini, della ripresa economica del territorio. A Goro, invece, il ‘no’ al biogas di Vivani ha alle spalle l’unanimità del Consiglio comunale e provinciale. “E se Energenesi Ambiente – assicura il sindaco di Goro – dovesse ricorrere in tribunale la affronteremo nelle sedi dovute”.
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Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Ha ribadito le perplessità sul formato del vertice di Parigi, sull'invio di truppe europee in Ucraina e la necessità di percorrere strade che prevedano il coinvolgimento degli Stati Uniti. Queste le linee, a quanto si apprende, dell'intervento della premier Giorgia Meloni oggi al summit a Parigi convocato da Emmanuel Macron alla presenza del britannico Keir Starmer, del premier olandese, Dick Schoof, del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del capo del governo polacco Donald Tusk e del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. All'Eliseo anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte e i vertici Ue, Antonio Costa e Ursula von der Leyen.
Meloni, a quanto si apprende, ha sottolineato di aver voluto essere presente per non rinunciare a portare il punto di vista dell’Italia, ma di avere espresso le sue perplessità riguardo un formato che, a suo giudizio, esclude molti Paesi, a partire da quelle più esposti al rischio di estensione del conflitto, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in una fase storica come questa. Anche perché, avrebbe rimarcato la premier, la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti.
Per l'Italia le questioni centrali rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire. Quindi Meloni avrebbe rimarcato l'utilità di un confronto tra le varie ipotesi in campo, osservando come quella che prevede il dispiegamento di soldati europei in Ucraina appaia come la più complessa e forse la meno efficace. Una strada su cui l'Italia avrebbe mostrato le sue perplessità al tavolo.
Secondo Meloni, a quanto viene riferito, andrebbero esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana. La premier avrebbe definito una sferzata sul ruolo dell'Europa quella lanciata dall'amministrazione Usa ma ricordando che prima di questa analoghe considerazioni sono state già state fatte da importanti personalità europee. È una sfida, avrebbe quindi sottolineato, per essere più concreti e concentrarsi sulle cose davvero importanti, come la necessità di difendere la nostra sicurezza a 360 gradi, i nostri confini, i nostri cittadini, il nostro sistema produttivo.
Secondo la presidente del Consiglio sono i cittadini europei a chiederlo: non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi.
Meloni avrebbe quindi rimarcato come il formato del summit all'Eliseo non vada considerato come un formato anti-Trump. Tutt’altro. Gli Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte, la sollecitazione della premier italiana. Meloni infine, sempre a quanto si apprende, avrebbe manifestato condivisione per il senso della parole del Vice Presidente degli Stati Uniti Vance, ricordando di aver espresso concetti simili in precedenza. Ancora prima di garantire la sicurezza in Europa, avrebbe sottolineato Meloni, è necessario sapere che cosa stiamo difendendo.
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - "La Russia minaccia tutta l'Europa". Lo ha detto la premier danese Mette Frederiksen dopo i colloqui di emergenza a Parigi sul cambiamento di politica degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina.
La guerra in Ucraina riguarda i "sogni imperialisti di Mosca, di costruire una Russia più forte e più grande, e non credo che si fermeranno in Ucraina", ha detto ai giornalisti, mettendo in guardia gli Stati Uniti dai tentativi di concordare un cessate il fuoco "rapido" che darebbe alla Russia la possibilità di "mobilitarsi di nuovo, attaccare l'Ucraina o un altro paese in Europa".
Parigi, 17 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Parigi abbiamo ribadito che l'Ucraina merita la pace attraverso la forza. Una pace rispettosa della sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale, con forti garanzie di sicurezza. L'Europa si fa carico della sua intera quota di assistenza militare all'Ucraina. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di un rafforzamento della difesa in Europa". Lo ha scritto su X la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.