Lo stupro come infortunio sul lavoro. Per la prima volta, l’Inail non solo ha versato un indennizzo a una vittima di violenza sessuale nel tragitto casa-lavoro, ma ha riconosciuto le ripercussioni psicofisiche a lungo termine determinate dall’abuso. Al centro della vicenda, una donna di nazionalità straniera residente a Milano. La signora, 40 anni, fa l’addetta alle pulizie in una palestra di Corsico, alla periferia del capoluogo lombardo. Una sera di gennaio del 2013, come ogni giorno, alla fine del turno si è incamminata verso la fermata del bus per tornare a casa. La strada che doveva percorrere, poco illuminata, attraversa una zona isolata, poco frequentata, dove l’unica presenza costante è quella dei tanti capannoni industriali. Durante il tragitto, un uomo l’ha aggredita e stuprata.
Nei dieci giorni successivi, a causa delle lesioni fisiche e del trauma psicologico, la donna non è potuta andare a lavorare. E per ottenere un indennizzo, si è rivolta al patronato Inca Cgil e al Centro donna della Camera del lavoro di Milano. “L’azienda non ha denunciato l’infortunio, abbiamo segnalato noi l’episodio all’Inail”, spiega Laura Chiappani di Inca Cgil. Secondo la legge italiana, infatti, “l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”. E’ il cosiddetto “infortunio in itinere”, disciplinato dal decreto legislativo 38 del 2000. L’Inail ha subito riconosciuto alla signora l’indennità per inabilità temporanea assoluta, cioè l’indennizzo per la mancata retribuzione nel periodo in cui si è assentata dal lavoro.
Ma il danno causato dalla violenza è andato ben oltre i dieci giorni successivi allo stupro. A distanza di mesi dall’accaduto, la donna ha continuato a manifestare attacchi di panico e crisi depressive. La signora ha così deciso di intraprendere un percorso presso un centro psico-sociale: i medici della struttura hanno riscontrato una “menomazione dell’integrità psicofisica”. “Sulla base della documentazione prodotta dal centro – racconta Laura Chiappani -, abbiamo presentato un ricorso amministrativo all’Inail per vedere riconosciuto il danno biologico subito dalla signora”. Per danno biologico si intende una lesione fisica o psichica che comprometta l’attività lavorativa della persona nel lungo periodo. A marzo 2014, l’Inail ha accolto il ricorso e riconosciuto un indennizzo di 10mila euro alla signora.
“C’è già stato almeno un episodio di violenza sessuale riconosciuto come infortunio in itinere”, spiegano dall’avvocatura dell’Inail. “La vittima era una donna di Brescia, anche se si era trattato di un tentato stupro. In quell’occasione, tuttavia, non c’era stato danno biologico”. Quello della lavoratrice di Corsico, dunque, è il primo caso in cui l’Inail riconosce la violenza sessuale come infortunio sul lavoro con durature conseguenze a livello psicofisico. “L’indennizzo del danno biologico è stata una vittoria”, ragiona Maria Costa, responsabile del Centro donna della Camera del lavoro di Milano. “Lo stupro è stato riconosciuto come violenza non solo fisica, ma anche psicologica”.