Sia dal governo siriano che la Coalizione nazionale siriana (Cns), che si accusano reciprocamente della responsabilità. Lo scorso agosto un attacco chimico fu compiuto nel sobborgho Ghouta di Damasco e uccise centinaia di persone
Tornano a uccidere le armi chimiche in Siria, proprio mentre la comunità internazionale sta procedendo alla distruzione dell’arsenale chimico dichiarato da Damasco dopo la strage di civili a Ghouta il 21 agosto scorso. I morti sono almeno sette in due diversi attacchi nelle ultime 24 ore, secondo gli attivisti antiregime, mentre il governo parla di un unico episodio con due morti.
E solo su quest’ultimo concordano opposizione e regime: ieri un attacco con gas tossici è stato compiuto nel villaggio di Kfar Zeita, nella provincia di Hama, causando due morti e un centinaio di intossicati con gravi problemi di respirazione. Ma Damasco e opposizione si rimpallano la responsabilità.
“Gli aerei del regime hanno bombardato Kfar Zeita con barili d’esplosivo che hanno prodotto un fumo denso, causando casi di soffocamento e avvelenamento”, ha detto il direttore dell’Osservatorio siriano dei diritti umani, basato a Londra, Rami Abdel Rahmane. Secondo i Comitati di coordinamento locale, ci sono due morti, tra cui un bambino. Gli attivisti denunciano anche un attacco a Harasta, sobborgo di Damasco, con un bilancio di 5 morti.
Dal canto suo, la tv di Stato ha invece accusato il Fronte al Nusra, gruppo anti-regime legato ad al Qaida, di aver “diffuso cloro tossico nel villaggio, uccidendo due persone e provocando il soffocamento di altre 100″. E di essere pronto “ad attaccare Wadi Deif nella provincia di Idlib, e Morek nella provincia di Hama con cloro tossico o gas sarin”.
I militanti di Kfar Zeita hanno postato su Youtube foto e immagini di persone apparentemente colpite dal gas. “Il bombardamento ha rilasciato una sostanza gialla, con un odore simile al gas cloro, ferendo oltre 100 persone tra cui donne e bambini”, dichiara in un video un uomo che sembra essere un medico.
Stando alla Coalizione dell’opposizione, non si tratta però del primo episodio dall’accordo dello scorso settembre che portò il regime di Bashar al Assad ad accettare il piano Opac per la distruzione delle sue 1300 tonnellate di armi chimiche, e a scongiurare la reazione militare occidentale. Nei giorni scorsi la Coalizione ha denunciato almeno tre attacchi con gas letali dall’inizio dell’anno. Uno dei quali proprio a Harasta, il 27 marzo. Notizie suffragate dalle dichiarazioni di un alto funzionario della difesa israeliana, citato dal Guardian, secondo cui i nuovi attacchi si sarebbero verificati nei sobborghi di Damasco, non con sarin o gas mostarda, ma con una sostanza industriale come i pesticidi.
Le denunce di oggi parlano di “cloro”, mentre nella lista delle sostanze tossiche siriane che devono essere distrutte ci sono derivati del cloro, come il 2-cloroetanolo. La Gran Bretagna, prosegue il giornale britannico, ha annunciato che indagherà su queste nuove accuse, mentre l’Opac ha spiegato che per farlo deve ricevere la richiesta da uno degli Stati firmatari della Convenzione contro le armi chimiche.
Il governo siriano ha sempre negato di aver usato gas letali nel conflitto in corso che – con armi convenzionali – ha causato 150mila morti (266 solo ieri, secondo l’Osservatorio) e di non avere responsabilità nella strage di Ghouta del 21 agosto. Una tesi tornata alla ribalta nei giorni scorsi con un’inchiesta del premio Pulitzer Seymour Hersh, secondo cui a compiere quell’attacco furono i ribelli sostenuti dalla Turchia.