Lo studio del World Resources Institute: l'88% degli interventi privo di valutazione sulle emissioni serra. Eppure il presidente Jim Yong Kim ha promesso di impegnarsi sullo "sviluppo sostenibile"
L’88% dei progetti finanziati dalla Banca Mondiale dal gennaio 2012 al giugno 2013 non avevano presentato una valutazione delle emissioni di Co2 nell’atmosfera. Che tradotto significa: nessuna attenzione all’effetto serra e al cambiamento climatico. Lo rivela il nuovo rapporto “Progettato per il futuro? Valutazione dei principi di sviluppo sostenibile e governance nei progetti della Banca Mondiale” del World Resources Institute (Wri), l’organizzazione non-profit fondata nel 1982 negli Stati Uniti, proprio con l’obiettivo di studiare le conseguenze dello sviluppo socio-economico sull’ambiente, e che adesso mette in luce come il più grande organismo finanziario del mondo continui a promuovere un modello di sviluppo non sostenibile, per l’uomo e per l’ambiente.
Come il progetto di risanamento di 1.100 chilometri di una rete stradale in Serbia, per un valore di 390 milioni di euro di investimento, che ha l’obiettivo di creare un grande corridoio tra il paese balcanico e l’Europa. È stato finanziato nel 2012, senza una analisi d’impatto ambientale che, secondo il Wrs, sarà elevato tenendo conto l’aumento smisurato di auto che provocherà ma, soprattutto, della velocità di percorrenza in quel tratto. In un paese, tra l’altro, dove l’agricoltura ha un ruolo primario nell’economia e “non necessita di grandi autostrade turistiche”.
Tutto ciò – fa notare il rapporto – nonostante le promesse dell’attuale presidente della Banca Mondiale, Jim Yong Kim , che al momento della sua nomina rassicurò che quell’organismo, nato appunto per lottare contro la povertà e per organizzare aiuti e finanziamenti agli stati in difficoltà, avrebbe “lavorato realmente per promuovere gli investimenti nel bene pubblico e nello sviluppo sostenibile, perché – dichiarò – il cambiamento climatico causa povertà”. Secondo il World Resources Institute l’obiettivo non è stato raggiunto.
Gli studiosi hanno preso un campione di ottanta progetti presentati tra gennaio 2012 e giugno 2013 che riguardavano perlopiù l’Africa Sub-Sahariana (30%) e l’Asia (25%). I progetti sono stati analizzati con diciotto indicatori che ponevano domande quali: il progetto è stato sottoposto a una valutazione ambientale e sociale prima dell’approvazione, tra cui consultazioni con le parti interessate? Comprende un piano per rispondere ai rischi ambientali e sociali individuati? C’è stata una valutazione delle emissioni di gas serra probabili, rispetto a una base di riferimento? Alle domande più prettamente ambientali si aggiungevano poi quelle legate allo sviluppo del paese dove andava a svilupparsi il progetto come: questo progetto dà veramente priorità allo sviluppo? Provoca l’accesso e il miglioramento dei servizi essenziali per le popolazioni?
Nella maggior parte dei casi le risposte sono state negative. Solo un quarto dei progetti finanziati dalla Banca Mondiale, ad esempio, aveva preso in considerazione l’impatto sul cambiamento climatico. L’80% dei progetti analizzati poi non aveva nemmeno un piano per rispondere ai rischi ambientali e sociali individuati e solo il 43% prevedeva percorsi specifici per le comunità – se parte lesa – per chiedere giustizia in caso di inquinamento o disastro ambientale. Per quanto riguarda le emissioni di Co2 i dati sono ancora più preoccupanti. Solo infatti il 7% ha valutato le probabili emissioni di gas serra e solo nel 2% dei casi si tratta di progetti volti a mitigare il riscaldamento climatico.
Tra gli esempi citati nella relazione di progetti non sostenibili per l’ambiente c’è quello di riabilitazione dei sistemi di drenaggio urbano in Costa d’Avorio, in cui “i documenti progettuali – si legge nella relazione – non comprendono le valutazioni che potrebbero far luce sulle vulnerabilità al cambiamento climatico della zona di progetto”. Il rapporto cita anche un progetto di infrastrutture urbane nel Comune di Qingyang in Cina, anche quello per la realizzazione di sistemi di drenaggio e fognature che “sono caratterizzati da una totale mancanza di attenzione al cambiamento climatico e le sue possibili conseguenze, che possono essere devastanti per l’ambiente”.
“Nonostante le grandi strategie e i piani lanciati dalla Banca Mondiale – si legge nel rapporto – gli obiettivi sono stati ampiamente disattesi. I progetti finalizzati ad aiutare i paesi e ad aiutarli agli impatti del cambiamento climatico sono l’eccezione piuttosto che la regola. Tutto ciò da un organismo che invece si dovrebbe fare promotore dello sviluppo sostenibile”.
Il rapporto, nell’ultima parte, propone anche azioni specifiche che la Banca potrebbe adottare per migliorare le sue valutazioni dei rischi climatici e altri problemi ambientali e sociali. Immediata la risposta dell’organismo finanziario che tramite il suo portavoce ha fatto sapere che “la Banca accoglie i consigli e le istanze dello studio. È un utile contributo che va a integrarsi ai nostri sforzi per considerare sempre di più il fattore cambiamento climatico in tutto il nostro portafoglio di progetti”.