Il mistero del plico manomesso a Bari, e di quella busta mancante allunga ombre minacciose sugli ultimi test di Medicina: il Miur assicura che il test non sarà annullato, ma i dubbi sull’accaduto restano. E questa è solo l’ultimo pasticcio che riguarda il mondo della scuola. Ad ogni prova concorsuale è la stessa storia: in redazione arrivano lettere che denunciano raccomandazioni o semplici irregolarità. E al netto di illazioni su cui non si fa informazione, chi si interessa alle vicende della scuola italiana sa che questa è una verità innegabile: i nostri concorsi sono un disastro.
Oggi si parla dei test di medicina, ma le contestazioni sono ovunque. Il concorso per i presidi in Lombardia da rifare per le buste trasparenti, quello per il Tirocinio Formativo Attivo e per le specializzazioni sul sostegno, l’ultimo “Concorsone” ovviamente. E ancora il ricorso dei tieffini per entrare nelle Graduatorie a esaurimento, o quello degli idonei non vincitori. E le polemiche sull’Abilitazione scientifica nazionale, che doveva riportare il merito nelle università e invece sta generando soprattutto giudizi arbitrari. Non c’è prova recente che si salvi.
Viene quasi da pensare sia un problema culturale: com’è possibile organizzare i concorsi in maniera così poco seria? Orali condotti in maniera sciatta, con pochi esaminatori per troppi candidati. Domande ambigue e risposte addirittura sbagliate nei test a crocette. Tracce degli scritti che magari non si attengono a quanto dichiarato nel bando. E poi tanto, troppo lassismo nei controlli: cellulari che squillano nel bel mezzo delle prove, biglietti e bigliettini che girano fra i banchi. Il tutto, ovviamente, con grandi disparità da sede a sede. A volte persino nella comunicazione dei risultati manca trasparenza.
C’è poco da meravigliarsi se su ogni prova si scateni, tempo pochi giorni, una pioggia di ricorsi. D’altra parte, però, spesso questi vizi di forma (e non di sostanza) diventano pretesti per mettere in discussione i risultati. Anche per chi non ha (magari meritatamente) superato il test c’è sempre la speranza di rifarsi in tribunale. Ci sono sindacati e associazioni che – spiace dirlo – vivono di questo.
Questa situazione, però, non giova a nessuno. Non alla scuola italiana, non a chi ne fa parte o vorrebbe entrarci. Oggi vincere un concorso non dà certezze: non si sa se e quando si otterrà il posto conquistato. Spesso non si sa neppure se il corso a cui si è stati ammessi partirà o verrà bloccato da un’istanza. E così non c’è programmazione, nella vita delle persone e nei piani dei dirigenti. I ricorsi incrociati vanificano ogni tentativo di riorganizzare il percorso di formazione e reclutamento.
Ministero e associazioni di categoria si mettano una mano sul cuore e si siedano a un tavolo: sui concorsi ci vuole una svolta. Una promessa di rigore e serietà da parte di chi li organizza, una tregua da parte di chi continua a metterli in discussione. Basta pasticci, basta ricorsi. Altrimenti questo circolo vizioso continuerà ad oltranza. E la scuola italiana non uscirà dal caos in cui si trova da anni.