L’articolo di Tito Boeri “Quanto costa uscire dall’euro” su la Repubblica di lunedì scorso (7-4-2014 pag. 1 e 23) s’è subito attirato i giusti strali di Alberto Bagnai.
Ma a ben vedere non c’è solo l’assurdità di presentare come monetizzazione del debito pubblico l’emissione di assegni circolari o addirittura bancari. Come con le ciliege, qui un errore ne tira l’altro. Scrive infatti Boeri:
“…abbondiamo di esempi storici di monetizzazione del debito. Basti pensare ai mini-assegni sul finire degli anni ’80 scambiati in fretta e furia prima che perdessero valore, un surrogato di una moneta che ogni giorno vedeva erodersi il proprio potere di acquisto, con un’inflazione a due cifre”.
Ebbene:
1. Non è vero che a fine anni ’80 l’inflazione fosse a due cifre prima della virgola: era a una sola, per es. al 5,1% nel 1987 o al 6,5% nel 1989; e rimase anche dopo sotto il 10%;
2. I miniassegni non circolarono allora, bensì dieci anni prima negli anni 1976-77.
3. Non erano surrogati di una moneta che vedeva erodersi il potere d’acquisto, bensì semplicemente delle monete metalliche da 50 e 100 lire, in numero insufficiente;
4. Non vennero scambiati “in fretta e furia”, ma versati tranquillamente in banca all’arrivo di monete in misura sufficiente nel 1978-79 (salvo quelli conservati dai collezionisti, vedi tre esempi).
Certo che questi sommi economisti, onnipresenti sulla carta stampata o in televisione, potrebbero fare un po’ più d’attenzione. Vedi Luigi Zingales che – sempre riguardo all’uscita dall’euro – affermava riguardo al debito per esempio della società Terna:
“Siccome la lira si svaluterebbe del 30-40% rispetto all’euro, questo equivarrebbe a un aumento effettivo del debito di Terna del 30-40%” (l’Espresso, 5-5-2012 pag. 35).
Ebbene no, l’aumento sarebbe del 43-66%, che fa già una certa differenza. Se la valuta A perde il 40% rispetto alla valuta B, dopo ce ne vuole dopo il 66% in più per comprare la stessa quantità di B. Lo si capisce subito pensando a una perdita del 50%: dopo ce ne vuole il doppio ovvero in 100% e non solo il 50% in più.
Aggiornamento del 15/04/: Per queste e altre competenze Zingales è stato ora nominato consigliere dell’Eni, ma del consiglio di amministrazione ufficiale che serve solo a distribuire un po’ di emolumenti, non certo di quello ombra, che prende le decisioni.