La decisione del governo Renzi di restituire 80 euro ai contribuenti meno abbienti è forse sensata dal punto di vista equitativo ma resta il punto se oggi per rilanciare la crescita si debba puntare sui consumi o sugli investimenti privati.
Tra il 2007 e il 2012 in Europa (EU-27) gli investimenti sono caduti di 475 miliardi di euro, un ammontare pari a dieci volte la riduzione dei consumi nello stesso periodo e cinque volte la contrazione del Pil. Si stima che le aziende abbiano liquidità trattenuta in azienda o in titoli a brevi che potrebbe essere invece usata per rilanciare lo sviluppo. Le sole aziende europee quotate avrebbero una excess cash pari a 750 miliardi di euro (fine 2011), di cui 70 miliardi le sole aziende italiane.
Molte imprese italiane restano liquide perché hanno poca fiducia nelle prospettive economiche del paese e perché ancora troppi sono gli ostacoli all’impresa e agli investimenti privati.
In Italia tra il 2007 e il 2012 gli investimenti sono crollati di 90 miliardi di euro, al 90 per cento si è trattato di investimenti privati e al 10 di investimenti pubblici. I consumi sono caduti di un importo pari a 43 miliardi.
Altro dato preoccupante è il calo persistente degli investimenti diretti esteri. Se si escludono alcune operazioni tipo Bulgari, Parmalat, Wind, Avio e forse ora Alitalia, il flusso medio di investimenti in entrata in Italia è passato da 21 miliardi tra il 2002 e il 2006 a 13 miliardi tra il 2007 e il 2011.
Non è pensabile tornare a crescere se non si pone attenzione agli investimenti privati, questo è il punto.
Gli investimenti pubblici sono solo il 10 per cento del totale degli investimenti (dato medio 2000-2012). Per poter compensare la caduta degli investimenti privati dal 2007 ad oggi si dovrebbe ipotizzare di triplicare gli investimenti pubblici. Scenario quest’ultimo difficile da realizzare sotto vari punti di vista, innanzitutto i vincoli posti dal Patto di stabilità, le dimensioni del debito pubblico italiano e l’incapacità di gran parte delle pubbliche amministrazioni di identificare progetti di investimento e di metterli in pratica.
L’azione del governo dovrebbe essere rivolta a rilanciare gli investimenti privati italiani e stranieri in Italia e creare in questo modo posti di lavoro.
Si discute molto di questioni macro, politiche fiscali, stabilità finanziaria etc. ma si è messo un po’ da parte il tema della rimozione degli ostacoli agli investimenti.
Si dovrebbe intervenire innanzitutto sui settori che creano più occupazione come il commercio, le costruzioni, la ristorazione, alberghi e catering e i trasporti.
Ma anche il manifatturiero è molto importante, essendo un settore nel quale l’Italia ha accumulato un enorme patrimonio di competenze. Vanno riviste regolamentazioni pubbliche che ritardano o impediscono nuovi investimenti.
Andrebbe oggi fatta una task force pubblico-privato che individui le principali norme da cambiare, i principali colli di bottiglia da togliere e le azioni per favorire cooperazione tra le imprese in campo tecnologico e logistico.
Il secondo passo di questa nuova politica industriale dovrebbe essere quello di rafforzare la fiducia degli imprenditori nell’investire di nuovo in Italia. Un’operazione fiducia richiederebbe una forte azione di riforma della giustizia civile che riduca drasticamente i tempi e rendi certi i contratti. Va ridotto il costo delle procedure fallimentari. Va cambiato il diritto amministrativo, aboliti i Tar. Serve un’azione coraggiosa di semplificazione e di riforma della pubblica amministrazione.