Il Consiglio Ue ha approvato la proposta di un regolamento e di una direttiva che introducono sanzioni penali per l'insider trading e la manipolazione di indici. La pubblicazione in Gazzetta ufficiale è prevista per giugno
L’Europa spunta le armi ai ‘furbetti’ dei mercati finanziari. Che, finora, hanno approfittato del vuoto legislativo per arricchirsi alle spalle dei cittadini europei. L’ultimo via libera formale del Consiglio Ue alla proposta di un regolamento sugli abusi di mercato e di una direttiva sulle sanzioni penali per chi commette reati di questo tipo apre la strada a una vera svolta. Chi, all’interno dell’Unione, commetterà reati finanziari gravi, come la manipolazione di indici (vedi il recente caso delle manipolazioni dei tassi Euribor e Libor) o lo sfruttamento di informazioni privilegiate per guadagnare in Borsa (in gergo insider trading) rischierà il carcere per almeno quattro anni. Un cambiamento “epocale”, lo ha definito l’Europarlamento, perché attualmente gli investitori senza scrupoli hanno molte vie di fuga: diversi Paesi Ue prevedono per questi reati sanzioni solo amministrative. Secondo Viviane Reding, commissario alla Giustizia, e Michel Barnier, responsabile del Mercato interno, “è un messaggio forte di ‘tolleranza zero‘ verso chi abusa delle informazioni privilegiate in suo possesso, cercando di manipolare il mercato”.
Le nuove norme serviranno per uniformare le leggi europee, eliminando differenze di trattamento come quelle che oggi, per esempio, esistono tra l’Italia – dove la pena per le frodi finanziarie è tra le più elevate, fino a dodici anni di carcere – e l’Estonia – dove è di appena trenta giorni. La direttiva stabilisce inoltre una definizione comune degli abusi del mercato e la durata minima delle sanzioni penali: quattro anni, appunto, per insider dealing e manipolazione, due anni per diffusione di informazioni privilegiate. Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, prevista per giugno, la Commissione avrà 24 mesi per rendere effettivo il Regolamento e gli Stati altrettanto per introdurre nella legislazione nazionale i contenuti della Direttiva. Tra cui una regolazione più stringente delle piattaforme elettroniche di negoziazione, finora escluse dalla normativa europea ma la cui diffusione è aumentata negli ultimi anni.