Berlusconi va ai servizi sociali, cittadini meno fortunati (meno ricchi e meno potenti) per reati minori vanno in prigione. A dirlo è Massimo D’Alema. Secondo l’ex presidente del Consiglio quella sul leader di Forza Italiaè una decisione presa dalla magistratura con particolare attenzione al ruolo politico di Berlusconi: è comprensibile. Certo viene da pensare che cittadini meno fortunati, meno ricchi e potenti per reati molto minori vanno semplicemente in prigione. E’ una giustizia a velocità variabili”. A Porta a Porta D’Alema sottolinea: “In generale sono rispettoso delle sentenze della magistratura, che ha avuto una particolare attenzione al ruolo politico e pubblico di Berlusconi, non ha voluto precludergli” questa strada. “C’è però da pensare che – osserva il Lìder Maximo – i cittadini meno potenti di Berlusconi vanno semplicemente in prigione… Detto questo non credo che Berlusconi debba essere messo fuori dalla giustizia, io credo che Berlusconi debba essere messo fuori dalla politica perché è sempre meno capace di tenere e organizzare il centrodestra”. A parlare è solo la sinistra del Pd, anche perché la parte maggioritaria del partito deve fare i conti con il fatto che il segretario del partito e presidente del Consiglio ha incontrato proprio Berlusconi a poche ore dalla pronuncia del giudice che ha deciso di metterlo ai servizi sociali per effetto della condanna definitiva a 4 anni per una frode fiscale da 7 milioni di euro (che è solo la cifra rimasta fuori dalla prescrizione). L’ex presidente del Pd Gianni Cuperlo insiste: “Abbiamo sempre detto che le sentenze vanno rispettate ed applicate. Questa indicazione è stata espressa dal tribunale di sorveglianza, va accolta come una scelta che si assume e si rispetta: non ci sono altri commenti da fare”.

A rispondere a D’Alema sono i fedelissimi di Berlusconi. “Se Massimo D’Alema si preoccupasse maggiormente della realtà giudiziaria e carceraria italiana scoprirebbe con sorpresa che l’affidamento in prova è previsto dalla legge per tutti coloro che hanno avuto condanne di lieve entità, come dimostrano le circa cinquanta richieste discusse dal Tribunale di sorveglianza di Milano lo stesso giorno dell’udienza di Berlusconi – dichiara Luca D’Alessandro – E come dimostrano anche i dati forniti dal Sappe, non da un giornale di proprietà di Berlusconi, che parla di oltre 11mila persone affidate in prova e di un totale di oltre 31mila italiani che scontano la pena fuori dalle mura carcerarie (tutti potenti?)”. “Le dichiarazioni di Massimo D’Alema – rincara Osvaldo Napoli – hanno il pregio dell’autocommento. Il cinismo e il rancore dell’uomo sono noti, molti ne hanno fatto le spese e qualche prezzo lo ha pagato lui stesso. Prendersela con la magistratura perché non ha portato a compimento il suo disegno di distruzione del presidente Berlusconi fermandosi un attimo prima è un comportamento barbaro e vigliacco”. “Quest’uomo aspira a diventare commissario europeo – afferma Daniela Santanchè – Magari anche commissario alla Giustizia… D’Alema ha coltivato odio dall’alto di una supponenza intellettuale mal riposta e dà voce ancora oggi a quell’Italia dell’odio che tanti guasti ha provocato. Per fortuna dell’Italia e della democrazia la sua voce è soltanto un’eco del tempo che è stato. Come mai D’Alema non cita la persecuzione giudiziaria di cui è vittima il Cav da 20 anni? L’anti-berlusconismo non è mai morto”. 

Tirano mezzo sospiro di sollievo comunque nel centrodestra. Soprattutto in Forza Italia dove sulla sentenza – con la solita dichiarazione in cartacarbone – c’è la doppia lettura: decisione equilibrata, ma la ferita (alla democrazia, al Paese, agli elettori eccetera) resta. “La decisione del tribunale di sorveglianza non cancella la ferita inferta al presidente Berlusconi, alla democrazia italiana e ai milioni di elettori che in lui si riconoscono da vent’anni” afferma l’ex ministro Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario alla Camera. “La decisione di queste ore è meno negativa di quanto si poteva temere – aggiunge un altro ex ministro, Raffaele Fitto – Ma ciò non toglie che resti una profonda ferita alla democrazia italiana”. Gaetano Quagliariello, ex ministro delle Riforme, dirigente di Ncd, si dice lieto “che la decisione del tribunale di sorveglianza di Milano nei suoi confronti sia equilibrata e compatibile con l’esercizio dell’attività politica. Avevamo auspicato di poterci confrontare in campagna elettorale con un Silvio Berlusconi nel pieno della sua possibile agibilità”. Il presidente del Nuovo Centrodestra Renato Schifani ritiene quella del tribunale di sorveglianza “una decisione equilibrata ed utile al normale svolgimento della vita democratica italiana perché non impedisce al Presidente Berlusconi di continuare a svolgere la sua attività politica. Non possiamo, tuttavia, dimenticare che egli è stato oggetto, da quando nel 1994 ha iniziato a partecipare alla vita politica, di un persistente attacco giudiziario senza precedenti”. Intanto domani, 16 aprile, a piazza San Lorenzo in Lucina in Roma, il cosiddetto “Esercito di Silvio” organizza “Verso la nuova Forza Italia, il futuro ha il nome di Silvio Berlusconi, meeting dei reggimenti del Lazio”. “L’appuntamento – si legge in un comunicato – sarà l’occasione per fare un rendiconto del lavoro svolto in questi primi 11 mesi di attività del movimento, per stringerci forte attorno al nostro leader Silvio Berlusconi e tracciare le linee della Forza Italia del futuro”. All’incontro prenderanno parte alcuni deputati e senatori.

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