Rosy Guarnieri si ripresenta dopo essere stata sfiduciata dalla sua giunta nel novembre scorso. Motivo: la costruzione di un forno crematorio in una zona abitata ed agricola che ha provocato proteste e petizioni. E minacce
“Amo Albenga e non mi piace lasciare il lavoro a metà” è lo slogan pubblicitario dell’ex sindaco leghista, Rosy Guarnieri, che ha deciso di ripresentarsi, dopo essere stata sfiduciata dalla sua giunta nel novembre scorso. Il lavoro lasciato a metà, o per lo meno quello sul quale è caduta la sua amministrazione, è il piano di riordino dei cimiteri, con conseguente costruzione di un forno crematorio. L’impianto dovrebbe sorgere in un contesto abitato e in una zona agricola d’eccellenza, cosa che ha suscitato le perplessità degli abitanti, che in breve tempo hanno raccolto e consegnato 2mila firme di protesta.
Ma andiamo con ordine: ad aprile la giunta conferisce un incarico per la redazione di un piano regolatore cimiteriale del comprensorio inaguno. Comprende quattro cimiteri comunali ma non quello di Leca. Piano di spesa previsto: 758mila euro che vengono definiti “somme a disposizione”, pur senza indicare da dove verrebbero attinti. Non passa un mese che un privato si offre, con un project financing, non solo di sistemare il quinto cimitero, quello di Leca, con un parcheggio, nuove cappelle e la costruzione di un forno crematorio, ma anche di gestire, in concessione per trent’anni, gli altri quattro per cui era stato commissionato il piano regolatore. La società proponente è la Cremazioni Ponente Ligure Srl, costituitasi nello stesso aprile e con un capitale sociale di 10mila euro. Il 13 agosto la giunta Guarnieri approva il project financing anche grazie alla certificazione di congruità del piano finanziario, rilasciata dalla divisione Asseverazioni e Pre Analisi dell’Unicredit di Palermo.
Gli abitanti della zona contestano l’ubicazione dell’impianto crematorio e suggeriscono di spostare il progetto a Savona, dove c’è già l’area predisposta e il forno locale ha bisogno di essere potenziato, oppure a Imperia, dove il servizio manca totalmente perché, in caso di malfunzionamento dei filtri, anche spegnendo subito il forno, gli inquinanti raggiungerebbero immediatamente le persone in un raggio di 450 metri. “Guarda che ti metti contro troppe persone tu – si è sentito dire un attivista della protesta da uno dei soci della Cremazioni Ponente Ligure – E’ meglio andare a dormire. Ascolta quello che ti dico. Ti metti contro troppa gente. Ti metti contro il sindaco, la Provincia, la Regione. Tutti contro tutti”. E ancora: “Se ogni persona che incomincia una cosa, l’altro non si fa gli affari suoi, lì alla fine non c’è pane più per nessuno. Ricordati che chi ha guardato gli altri orti è morto di fame”. E di fronte alle preoccupazioni per la salute delle persone che vivono intorno al cimitero, ha risposto: “Pensala come vuoi, ma ricordati che stai pensando male. Fai come vuoi. Più stuzzicate le cose e peggio è, ricordatelo”.
La questione “cremazione” deve stare molto a cuore all’ex sindaco Rosy Guarnieri, dal momento che già in passato aveva concesso il patrocinio comunale all’Associazione per la Cremazione del Ponente Savonese, che ora può fare bella mostra del logo comunale sul suo sito internet. L’associazione ha sede vicino alla Pompe Funebri Liguri, dei fratelli Francesco e Nicola Nato e di Antonio Messina. La famiglia Nato fa parte del gruppo che aveva presentato il project financing per la gestione dei cimiteri, mentre Messina, ex esponente del Pd locale, nelle passate elezioni si era speso per la vittoria della Guarnieri, invitando, con una lettera scritta, tutti i siciliani a votarla.
L’Associazione per la Cremazione del Ponente Savonese è una onlus. Non è l’unico caso in Italia anche se si fa fatica a capirne la ragione. L’iscrizione costa 100 euro e deve essere sottoscritta dalla persona interessata. La cremazione in sé (senza funerali, comunicazioni o fiori) costa 537 euro. Cento euro in più vanno aggiunti per un’urna biodegradabile, se si prevede la dispersione delle ceneri. Dispersione che ad Albenga spetta alla Capitaneria di porto, dietro un compenso di altri 800 euro.