“Caro Marchionne nonostante abbiamo il cuore infranto, perché deportati ingiustamente 5 anni fa a Nola, la lotta dei 316 per il reintegro a Pomigliano non si ferma”. Con questa richiesta appuntata sul petto, scritta in un cartello a forma di cuore, sei cassaintegrati del reparto logistico Fiat di Nola, avvolti nel cellophane, hanno manifestando davanti allo stabilimento di Pomigliano d’Arco, chiedendo di tornare a lavorare dopo cinque anni di cassa integrazione.
Una risposta chiara al “parking marketing” messo in atto la scorsa settimana dal Lingotto per invitare i dipendenti ad acquistare vetture Fiat: le auto straniere dei lavoratori, erano state impacchettate, e “marchiate” con un cuore spezzato, sul quale campeggiava la scritta “vederti con un’altra mi ha spezzato il cuore, ma nonostante ciò continuo a pensare a te”.
Già lunedì 14, duecento operai amareggiati dall’iniziativa dell’azienda, avevano manifestato davanti allo stabilimento Fiat di Termini Imerese, chiuso dal novembre 2011. I cancelli della struttura erano stati “impachettati” e sopra era stato appeso il cartello “Anche tu ci hai spezzato il cuore…”. Lo stesso giorno la cassa integrazione in deroga per i lavoratori siciliani era stata prorogata fino al 31 dicembre, al termine di un vertice al ministero dello Sviluppo economico tra rappresentanti del governo, della Regione Sicilia, dell’azienda e dei lavoratori. Altrimenti sarebbe terminata il 30 giugno.
”Per Marchionne siamo auto straniere, per questo ci siamo impacchettati”, urlano i sei manifestanti a Pomigliano. “Vogliono anche imporre quale auto acquistare – affermano i lavoratori appartenenti al comitato di lotta cassaintegrati e licenziati dello stabilimento di campano – ed in tutto questo attuano contratti di solidarietà – decisi il 18 marzo – che impoveriscono chi già lavora, e non risollevano chi era fuori. A Nola dovevamo fare la logistica, ma per chi, visto che ogni stabilimento ha il proprio reparto di logistica, compresa Pomigliano”. Gli operai sostengono che “la solidarietà deve farla Marchionne, che in un giorno guadagna quanto un operaio sulle catene di montaggio”. I lavoratori “i soldi non ce l’hanno – dicono – e la Fiat si arroga il diritto di chiedere l’acquisto di una vettura”.
Gli operai hanno anche esposto uno striscione con la scritta “fuori i compagni dalle galere, nessuna procedura per chi lotta”. Il riferimento è ai 29 operai e delegati dello Slai Cobas dell’Alfa Romeo di Arese condannati in primo grado dal tribunale penale di Rho a 2 mesi di carcere con l’accusa di violenza, dopo uno sciopero con presidio organizzato nel 2007 insieme ai cassintegrati Fiat. E che proprio oggi sono stati assolti dai giudici della Terza sezione penale della Corte di Appello di Milano “per non aver commesso il fatto”.