Condanna a 20 anni per Adam Kabobo, il ghanese che nel 2013 uccise a picconate tre passanti in zona Niguarda a Milano. Il gup Manuela Scudieri , nel processo con rito abbreviato (che implica la riduzione della pena di un terzo), gli ha riconosciuto la semi-infermità mentale. Il giudice ha così accolto la tesi accusatoria avanzata dal pm Isidoro Palma, ritenendo il ghanese capace di intendere e volere al momento del fatto nonostante soffra di schizofrenia paranoide. La Procura aveva anche richiesto la condanna a sei anni da passare in una casa di cura dopo l’espiazione della pena, che è stata ridotta a 3 anni di ospedale psichiatrico giudiziario come misura di sicurezza. La difesa di Kabobo, con gli avvocati Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuonno, aveva invece chiesto l’assoluzione per incapacità di intendere e volere. Il gup, che è arrivata alla decisione dopo circa mezz’ora di camera si consiglio, ha anche riconosciuto i risarcimenti chiesti come provvisionale dai familiari delle vittime per somme che vanno dai 100mila euro in su. Nel quantificare la pena, Scudieri ha calcolato come unico sconto solo quello previsto dal rito scelto e dalla semi-infermità mentale. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 45 giorni.
I fatti – All’alba dell’11 maggio del 2013 Kabobo aveva ammazzato a colpi di piccone Ermanno Masini di 64 anni, Daniele Carella di 21 anni e Alessandro Carolè di 40 anni. Il pm nel corso della sua requisitoria si era richiamato alla perizia psichiatrica disposta dal gip e depositata lo scorso ottobre che aveva accertato che Kabobo soffre di “schizofrenia paranoide”, ma che la sua capacità di intendere al momento dei fatti non era “totalmente assente” e la sua capacità di volere era sufficientemente “conservata”. Il pm inoltre aveva indicato tre possibili moventi per la furia omicida dell’ africano: il “rancore verso la società” espresso anche in quello che l’omicida ha definito nei colloqui con i medici come “odio verso i bianchi” dettato dalle “voci” che sentiva; una “finalità depredatoria” che si era manifestata nel rubare i cellulari alle vittime; l’esigenza di “attirare l’attenzione su di sé”.
Il figlio della vittima: “Pena insufficiente, faremo appello” – La condanna è però “insufficiente” per Andrea Masini, figlio di Ermanno. “E’ quello che mi aspettavo dalla giustizia italiana – ha commentato – e vedremo poi se sconterà davvero questi vent’anni”. In sostanza, prosegue Masini, sono “sei anni e mezzo per ciascuna vittima. Ricorreremo in appello“. Per Masini si tratta di una sentenza scontata: “Ero già preparato – precisa – ma gli anni inflitti sono veramente pochi e in un Paese normale avrebbe dovuto scontare l’ergastolo o la pena di morte“. Quanto al risarcimento “mio padre non si monetizza e dovrebbe risarcirci non Kabobo, che è nullatenente, ma lo Stato che ha permesso l’ingresso di un clandestino“. Alcuni familiari delle vittime e i loro legali stanno quindi pensando di intentare causa al Viminale, che contravvenendo alla normativa europea non ha ancora istituito un fondo per risarcire le vittime di reato violenti commessi da persone che non possono fare fronte ai danni causati, perché liquidi direttamente le provvisionali.
Salvini (Lega Nord): “Vent’anni? Che schifo” – Il vice-presidente del Consiglio comunale e capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale in Regione Lombardia Riccardo De Corato è soddisfatto della sentenza: “Meno male – dice – questo speravamo: il massimo della pena per Kabobo. La scelta del rito abbreviato ha fatto sì che i giudici non potessero dargli l’ergastolo: questa è la legge, ma almeno sappiamo che hanno dato il massimo della pena”. “Dispiace solo – prosegue De Corato- per il riconoscimento della semi-infermità mentale, che ha contribuito a togliere anni di carcere alla sentenza. Kabobo ha ucciso tre persone indifese a sangue freddo e in modo brutale: si meritava di rimanere in galera a vita, ma con la procedura del rito abbreviato la pena si riduce automaticamente”. “Un pensiero -conclude- va alle famiglie delle vittime, che non colmeranno mai il vuoto della loro perdita, ma almeno potranno vedere l’assassino dei loro cari dietro le sbarre”. Indignato invece il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, che su Facebook scrive: “Kabobo semi-infermo di mente condannato a soli venti anni di galera, Berlusconi ai servizi sociali, 19mila clandestini sbarcati di recente, 21 indipendentisti ancora in galera senza aver fatto male a nessuno. Che schifo. Io – prosegue – non mi arrendo e non perdo la speranza, io lavoro per lasciare ai miei figli un futuro migliore”.
La difesa – Ciccarone e Colasuonno avevano chiesto l’assoluzione con il riconoscimento del vizio totale di mente. E hanno ricordato ai cronisti che pende in Cassazione (udienza fissate per il 30 maggio) la loro istanza, bocciata in passato dal gip e dal Riesame, per chiedere il trasferimento del ghanese dal carcere di San Vittore in un ospedale psichiatrico giudiziario, sempre in regime di custodia cautelare, dove l’uomo potrebbe essere meglio curato e seguire “un percorso riabilitativo”. Dopo la sentenza, hanno chiarito i difensori, “abbiamo spiegato tutto quello che è successo a Kabobo”. E ancora: “Noi riteniamo che il carcere non sia il luogo adatto per curarlo e ci auguriamo che venga trasferito”. Riguardo ai tre anni da passare in una casa di cura e custodia dopo l’espiazione della pena (misura di sicurezza disposta dal gup), i legali hanno precisato che “la misura, in realtà, può poi essere rinnovata anche per altri anni, dipenderà dalle condizioni psichiche di Kabobo”. Parlando coi cronisti, Nancy Asare, interprete ghanese che ha avuto modo di parlare nel corso delle udienze del processo con Kabobo, ha spiegato che il condannato “si sente solo” e “non capisce perché si trova da solo in cella”. Asare ha ricordato che l’uomo “ha un livello di alfabetizzazione bassissimo, ha fatto 4-5 anni di scuola elementare”. Con lui, conclude, “parlavo dialetto ghanese e un pò di inglese”.
Ora per Adam Kabobo si profila un nuovo processo per tentato omicidio per aver aggredito Andrea Carfora e Francesco Niro. Il pm Isidoro Palma, infatti, ha concluso anche l’inchiesta stralcio sul ferimento delle altre due persone che l’11 maggio scorso sono sopravvissute all’aggressione. Carfora, 23 anni, è stato il primo passante preso di mira da Kabobo, che lo ha colpito usando come spranga una barra trovata in un parcheggio. Poco dopo il ghanese avrebbe trovato in un cantiere il piccone con il quale ha aggreditole tre vittime e Niro, che era stato colpito sulla nuca in via Passerini, ma era riuscito a trascinarsi fino a casa. All’aggressione era sopravvissuto anche Antonio Morisco, l’imbianchino di 53 anni che è stato seguito da Kabobo poco prima delle 7 mentre portava a spasso il cane, ma aveva visto l’immigrato alzare il piccone alle sue spelle ed è riuscito a rifugiarsi nel portone di casa, rimanendo illeso. La scena è stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza.