“Gestire l’Eni non è facile e se si va da uno come Colao, piuttosto che Guerra, che ha un buon lavoro e di successo, non è così facile convincerlo”. A sostenerlo nel corso di un’intervista a ilfattoquotidiano.it dello scorso 4 aprile, era stato proprio Luigi Zingales. Ovvero l’economista della scuola di Chicago reduce da una battagliera esperienza nel cda di Telecom Italia e noto fustigatore del capitalismo di relazione all’italiana che, in virtù della candidatura del governo Renzi per il consiglio dell’Eni, dovrà per forza di cose rapportarsi con chi invece l’incarico lo ha accettato. “Se uno cerca delle persone di talento riceve più no che si, questa è una regola di mercato. Se poi dopo ha anche dei forti limiti rispetto a quanto può pagarli, li attira ancora meno”, aveva aggiunto. Quali dunque le sue indicazioni? “Mi sembra giusto cercare un cambiamento, che non vuol dire necessariamente prendere manager da fuori. Ci sono anche dei manager interni bravi. L’importante è dare un segnale chiaro che manager vengono scelti perché bravi, non perché amici di. Secondo me questa sarebbe la vera rivoluzione”. Per non parlare di quella del libero mercato che passerebbe attraverso la creazione di “regole per cui uno faccia i soldi creando ricchezza e non rubando agli altri” di Franz Baraggino e Gaia Scacciavillani