Il 15 aprile del 1989, nello stadio di Sheffield, morirono 96 persone. Per 20 anni la dinamica reale della loro fine è stata taciuta e spesso contraffatta da una classe politica intenta a cambiare la fisionomia sociale del Paese e mutare per sempre lo sport
Sono le 15.15 del 15 aprile di 25 anni fa, sulle gradinate di cemento dello Hillsborough Stadium di Sheffield, città operaia e di minatori dell’Inghilterra profonda, sono riversi decine di corpi senza vita. Sono morti di stato, ma ancora non si sa. Sono le 15 e 15 quando, durante la semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest, il medico legale incaricato dichiara la morte per asfissia irreversibile di 94 persone (un ragazzo muore 4 giorni dopo in ospedale, un altro 4 anni dopo, quando gli staccano il respiratore artificiale), tutti tifosi del Liverpool. Molte di quelle 94 persone in realtà sono ancora vive, e potrebbero essere salvate, ma anche questo ancora non si sa. Sono le 15.15 del 15 aprile di 25 anni fa, e da quel momento il calcio non sarà mai più quello di prima. I 96 morti e gli oltre 800 feriti di quella che da allora sarà conosciuta come la Strage di Hillsborough sono il punto di svolta del calcio e della società inglese, entrambi destinati a cambiare per sempre, e con loro muteranno i paradigmi calcistici e politici dell’intero continente.
Pochi mesi dopo Peter Taylor, giudice della Corte d’Appello inglese che diventerà famoso anche in negativo del peggior caso di malagiustizia dell’epoca – l’ingiusta incarcerazione con l’accusa di omicidio e violenza sessuale di un tassista ucraino -scrive in un rapporto quelle che secondo lui sono le cause della tragedia e aggiunge alcune raccomandazioni su cosa fare per evitare che in futuro si ripeta. E’ il famoso Rapporto Taylor, quello che porterà al divieto dei posti in piedi, ai tornelli di sicurezza, alla ristrutturazione obbligatoria degli stadi esistenti o alla costruzione di nuovi. I prezzi inevitabilmente salgono e la gente non può più andare allo stadio, i club hanno bisogno di soldi per i nuovi stadi e si rivolgono alla televisione: è un abbraccio mortale. Da allora in poi il calcio, il gioco del popolo, diventa lo sport televisivo e dei ricchi. Un circolo vizioso che porta i bilanci delle società a raggiungere inimmaginabili livelli di fatturato paragonabili a quelli delle multinazionali, e gli stadi a svuotarsi sempre più dei tifosi della working class, dei loro colori e del loro calore, per accogliere i “turisti della partita”, la silenziosa classe media.
Nascerà da qui quel famigerato “modello inglese”, preso ad esempio anche in Italia, dove la violenza negli stadi non si vede solo perché è nel cono d’ombra della ripresa televisiva, fuori dagli stadi, nei parchi o nei parcheggi antistanti. Dentro gli impianti regna una irreale calma piatta. Tant’è, dall’anno seguente al Rapporto Taylor nel calcio entra infatti prepotentemente Sky, il network dell’ultraconservatore australiano Rupert Murdoch, grande finanziatore della Thatcher prima e di Blair poi, che detta i tempi televisivi delle partite, lo spezzatino settimanale, il calendario annuale. Muta completamente la prospettiva con cui avvicinarsi al calcio, l’occhio che lo guarda adesso non è più umano ma è quello della telecamera. La narrazione calcistica abbandona l’epica dello sport e assume i toni bassi del talk show televisivo: il denaro, il gossip, il mercato la fanno da padrone. Lo stesso mutamento sociale investe il paese. Proprio il decennio che porta a Hillsborough, quello che vede regnare sul paese col pugno di ferro Lady Thatcher, è caratterizzato dall’epopea degli hooligan: un filo spesso nero, di estrema destra, che genera violenza e chiama repressione. Negli stadi è incanalato il malcontento popolare che nasce altrove, nelle fabbriche e nelle miniere sventrate dalla crisi e dalle privatizzazioni thatcheriste, e lì è contenuto attraverso leggi speciali volute dai governi presieduti dalla Lady di Ferro. Anche per questo in nessun campo di calcio lo scorso anno si è osservato il minuto di silenzio per onorarne la scomparsa.
Il manifesto dell’epoca è l’inchiesta pubblicata qualche giorno dopo la tragedia dal tabloid più venduto del paese, The Sun. Una finta inchiesta – voluta dallo stesso governo conservatore, come confesserà anni dopo l’allora direttore del tabloid – in cui sotto al surreale titolo The Truth (La Verità, ndr.) si racconta di tifosi violenti, sciacalli, che rubano i portafogli dei morti e pisciano sui cadaveri. E’ il racconto falso e allucinato di una feccia umana sottoproletaria da estirpare, la stessa che faceva i picchetti davanti alle fabbriche e alle miniere e nelle strade combatteva contro le privatizzazioni e i tagli alla sanità. Su quella tragedia, su quel racconto, la Thatcher sconfigge ogni opposizione e impone il mutamento antropologico di un paese lanciato verso un liberismo sfrenato e senza argini. La sinistra, con la svolta del New Labour blariano, qualche anno dopo la segue senza porsi domande. Le domande però, se le porgono i familiari delle vittime.
La nuova inchiesta, cominciata nel 2012 dopo che una petizione popolare impone al Governo di desecretare i documenti della polizia sulla Strage di Hillsborough, ristabilisce una verità agghiacciante. Le colpe di quella tragedia sono della polizia e del governo. Lo stesso primo ministro conservatore David Cameron, dopo 23 anni di silenzio della politica è costretto a chiedere scusa per i suoi predecessori che avevano fatto passare le vittime per i carnefici. I dettagli di quello che successe quel 15 aprile di 25 anni fa sono stati raccontati due anni fa: le cariche della polizia che comprimono donne, vecchi e bambini verso la loro morte (la vittima più giovane ha 10 anni, la più anziana 67); i medici che fanno l’esame del sangue ai cadaveri dei bambini per dimostrare che sono ubriachi; per non parlare del medico legale incaricato che alle 15.15 – 9 minuti dopo la sospensione della partita – decreta la morte per asfissia irreversibile delle 94 persone rimaste a terra.
Eppure tra i documenti secretati dal Governo, tra le oltre 164 falsificazioni accertate della polizia, si scopre che gli esami post-mortem hanno smentito il parere del medico legale, stabilendo che 28 delle vittime non presentavano alcuna ostruzione cardiovascolare e 31 avevano il cuore e i polmoni in funzione. Erano quindi tutti vittima di asfissia reversibile e si sarebbero potuti salvare. Per non parlare di testimoni che dichiarano, inascoltati, di aver visto persone a terra che ancora respiravano all’ora fatale delle 15 e 15: l’ora in cui tutti dovevano per forza essere morti. Domenica, come da 25 anni a questa parte, i tifosi su ogni campo di calcio inglese, dalle periferie del calcio minore ai quartieri alti della Premier League, hanno osservato un minuto di silenzio in ricordo delle vittime. Straziante è stato il ricordo ad Anfield Road, lo stadio del Liverpool, poco prima del match scudetto (vinto 3 a 2) contro il Manchester City. I nomi dei morti scritti sui 96 seggiolini vuoti, i parenti, gli amici, e tutti i tifosi presenti allo stadio hanno intonato a squarciagola l’inno “You’ll never walk alone”. Venticinque anni dopo il tributo alle vittime della strage di Hillsborough profuma finalmente di verità, ma il calcio e la società ne sono stati oramai irrimediabilmente cambiati.