Giornalisti senza stipendio e richiesta da parte del proprietario di "chiedere un prestito alla banca con la promessa di rimborso". La difficile situazione dei lavoratori del quotidiano romagnolo ha mobilitato anche l'associazioni di categoria che chiedono spiegazioni
Non si sblocca la situazione dei lavoratori della Voce di Romagna, senza stipendio da oltre sei mesi. Sulla vicenda, già raccontata dal Fatto Quotidiano, sono intervenuti ora anche i sindacati, con una nota dai toni durissimi. Nel testo l’Associazione stampa dell’Emilia-Romagna (Aser) parla di “gravissime violazioni contrattuali e sindacali”. Mentre il sindacato nazionale dei giornalisti, l’Fnsi, punta il dito soprattutto sull’editore, l’imprenditore Giovanni Celli: “Non è tollerabile che chi usufruisce di consistenti finanziamenti pubblici, cioè utilizza per le proprie attività editoriali il denaro dello Stato, da mesi non paghi i propri dipendenti, arrivando addirittura a proporre ai colleghi prestiti bancari personali non si sa garantiti in che modo dall’azienda”.
I giornalisti del quotidiano, edito nelle tre province della Romagna di Rimini, Ravenna e Forlì-Cesena, non vedono l’ombra di un centesimo da autunno. A loro l’editore ha proposto, alcune settimane fa di chiedere un prestito a loro nome, così da avere l’equivalente degli stipendi arretrati. Quelli assunti sono 28 in tutto, ma si vanno ad aggiungere a un numero indefinito di collaboratori, ai quali un anno fa era stato chiesto di scrivere gratis, e ai fotografi.
Nella nota, l’Aser ha riportato come per la prima volta dopo 16 anni dalla nascita del quotidiano, i giornalisti siano riusciti a eleggere un Comitato di redazione, in contrasto con i diktat imposti dall’editore. “Al primo incontro chiesto dal Cdr per discutere della grave situazione finanziaria dell’azienda – hanno scritto dal sindacato regionale – che pure percepisce contributi pubblici, e della mancata corresponsione degli stipendi, i componenti del Cdr si sono sentiti premettere dall’editore che egli non riconosce alcun organismo sindacale all’interno della propria azienda e che l’incontro avrebbe potuto proseguire solo se i giornalisti si fossero spogliati del proprio ruolo di rappresentanti sindacali”.
Accuse che però non hanno smosso l’editore Celli. Contattato telefonicamente dall’Ansa ha spiegato come, a suo parere, “il sindacato sia dannoso” all’interno dell’azienda. “Io incontro chiunque, problemi ce ne sono e sono grandi. L’editore deve fare la parte dell’imprenditore che gli compete e i giornalisti nella loro, cioè facendo un bel giornale”. L’imprenditore romagnolo non si è detto preoccupato neanche delle possibili azioni del sindacato: “Ricatti e minacce ne ho ricevuti tanti…”. Quanto a un possibile ricorso agli ammortizzatori, Celli ha detto che non vuole “abusare, anzi non voglio neanche usare i contratti di solidarietà o di cassa integrazione”. Contributi pubblici? “Se il giornale ne prende vuol dire che ne ha diritto”. Intanto si attendono gli esiti degli accertamenti avviati dalla Finanza in seguito a un esposto di un giornalista. Le Fiamme gialle stanno cercando di far luce sul pagamento dei contributi e sulla situazione finanziaria della società